Parma: quasi 3.000 soci raggirati, la sinistra degli affari. Chiuse le indagini sul sistema Coop.

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Sono 41 gli avvisi di garanzia decisi dalla Procura per il fallimento della cooperativa Di Vittorio a Fidenza: un buco da 67 milioni  Quasi 3.000 soci raggirati, 19 milioni di falso in bilancio, 485 famiglie abbandonate a sé stesse. Eppure anche tra i truffati c’è omertà.

Milano 13 Settembre – Fiumi di denaro che sgorgano a zampilli, falsificazioni di dati e attività fittizie all’ordine del giorno, un buco di oltre 67 milioni di curo, 2.720 soci di fatto raggirati, un falso in bilancio da 19 milioni, 12 milioni di risparmi affidati alla cooperativa con il prestito sociale spariti nel nulla , 485 famiglie che abitano tra Fidenza, Parma, Salsomaggiore, Fornovo, Noceto, Fontevivo e Fontanellato in affitto a canone concordato che non sanno che fine faranno: questi i numeri della cooperativa Di Vittorio, coop fondata nel 1970 con lo scopo di realizzare abitazioni di proprietà indivisa e finita nel peggiore dei crac. Dati che fino a ieri erano solo argomento di inchieste giornalistiche e dei curatori fallimentari, Paolo Capretti e Luciano Ragone, ma che oggi vengono ufficializzati dalla magistratura parmense che ha mandato un avviso di garanzia per conclusione indagini a 41 tra amministratori della cooperativa ed ex. L’indagine sviluppata dalla guardia di finanza e coordinata dai pm Paola Dal Monte e Umberto Ausiello, descrive una bancarotta fraudolenta e una serie di operazioni a dir poco ardite che avrebbero nel tempo dissanguato sia la cooperativa che una controllata, Polis, oltre a tutti i loro indotti.

La coop Di Vittorio, con sede a Fidenza, era un’istituzione nella sinistra parmense. E il tracollo verticale nella cittadina di soli  26.000 abitanti è stato un fulmine a ciel sereno. Nel corso degli anni, hanno ricostruito gli inquirenti, la coop ha però di fatto cambiato mission inventandosi operazioni immobiliari spericolate e apparentemente senza senso. Un sistema che si è retto grazie ai giochi garantiti dal prestito sociale, il denaro che i soci prestavano alla coop come se fosse un banca, e che nel caso della Di Vittorio erano 12 milioni di euro, presi in prestito, ma utilizzati per operazioni economiche a dir poco azzardate.

Eppure puoi girovagare per le piazze di Fidenza e sentirti dire con quella «r» moscia tipica di questi luoghi: «Si però ci sono altri problemi», oppure, «vogliamo parlare di Parma e dei casini del centrodestra?». Un umore stile villaggi sovietici di un tempo che non assoceresti mai al colto e altero entroterra parmense. L’aspetto sconvolgente è che scavando un po’ si scopre che chi lo afferma ha perso anche 20.000, 30.000 euro. Un atteggiamento diffuso negli ambienti locali di sinistra. Forse perché mamma coop, che garantisce alcuni interessi e fa lavorare grazie alle manipolazioni della politica, è la stessa che garantirà nuove «sistemazioni», nuovi lavori ed entrate, anche a chi è stato fregato; ma resta omertoso? Non lo sapremo mai. Comunque meglio sempre minimizzare e sminuire il caso. Anche se i numeri e i nomi parlano chiaro.

” Tra gli amministratori della Di Vittorio ci sono sempre stati i gruppi dirigenti della sinistra locale come ad esempio l’ex sindaco di Salso Maggiore con il Pds e i Ds Adriano Grolli (indagato nell’inchiesta e consigliere della Di Vittorio fino al fallimento) o l’ex esponente del Pci Angelo Canella (indagato). Anche l’attuale sindaco Pd di Fidenza Andrea Massari (ex bersaniano, ora renziano di ferro), non indagato, è stato nel cda della coop dal 2004 al 2006 e negli stessi anni assessore, poi un altro ex sindaco di Fidenza, Giovanni Mora, non indagato né sfiorato dal caso.

Al centro del crac attuale Franco Savi, presidente della Di Vittorio dal 2006 al 2013 e di Polis dal 2007 al 2013, anch’egli vicino alla sinistra locale. Savi con altri 31 è accusato di aver distratto 16 milioni di euro con giochi di bilancio e acquisizioni tra la coop e la controllata Polis: acquistando ad esempio «immobili a prezzi superiori ai valori reali», si legge nell’avviso di conclusione indagini. O con operazioni singolari come quando nel 2008 con la Di Vittorio acquistò da Polis un edificio in stato di degrado, ma a un prezzo superiore a quello della perizia, il complesso Frati minori a Salso Maggiore per 4,2 milioni di euro, al fine di ascrivere delle entrate alla Di Vittorio. O il denaro a fiumi per operazioni immobiliari inconsistenti con altre società, la Ab1 immobiliare e la Ab2 immobiliare, che prosciugano le casse della coop. O acquisti sempre per milioni di terreni che si finge siano edificabili. Una sequenza per la Procura continuata per anni anche se dal 2008 il quadro era già lampante. Ma si è continuato fino al 2012, manipolando i dati con poste di bilancio fittizie. Chi doveva controllare poi dava il via libera ai documenti taroccati.

«È la politica urbanistica made in Pd», dice il consigliere comunale di Fidenza Gabriele Rigoni, «il risparmio dei soci è stata utilizzato per scopi diversi dagli obiettivi originari, dando vita a operazioni che hanno inquinato il mercato immobiliare e gonfiato la bolla speculativa a discapito dei patrimoni di tutti i cittadini, attuando un vero e proprio trasferimento di ricchezze». «Il Comune di Fidenza si costituisca parte civile», ha proposta la capogruppo di Forza Italia Francesca Gambarini, «e una parte dell’eventuale risarcimento venga destinato ai soci truffati dalla coop Di Vittorio. Sarebbe da ipocriti dimenticare i legami tra questa cooperativa e la sinistra locale: anche la politica dovrebbe fare mea culpa, dato che a certi progetti si sarebbe potuto dire “no».

Antonio Amorosi (La Verità)

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