Il mistero della ricca inglese innamorata di Milano, scomparsa e ritrovata dopo 6 mesi: viveva tra i clochard

Milano

Milano 19 Settembre – Il punto del ritrovamento, sei mesi dopo l’ultimo contatto con la famiglia, è questa grata in piazza Beccaria, sopra il locale caldaie dell’hotel Ambasciatori, una di quelle grate usate come letto dai barboni. Qui sabato, alle due di notte, si sono incrociate le vite di un ex poliziotto fuggito agli attentati dei boss scafisti che combatteva a Valona, e d’una donna inglese innamorata di Milano tanto da passarci lunghi periodi. Il primo, anni fa scappato dall’Albania, divenuto cittadino italiano e «sbirro» di una società di investigazioni, cercava la seconda, nata in Iran, da bimba emigrata a Londra con i genitori e misteriosamente sparita a marzo in corso Italia. L’ultimo indirizzo di Ariane, la cinquantenne nata a Teheran nel dicembre del 1966, era un residence di corso Italia; da marzo il cellulare non dava più segnali, non c’erano stati movimenti sul ricco conto bancario ed era una fantasma per la cerchia di amici milanesi del centro città con i quali trascorreva il tempo, tra musei e passeggiate. La sorella, che vive a Londra, aveva informato Scotland Yard della scomparsa ma in assenza di risultati aveva contattato la Skp Group, società leader del settore fondata dall’appassionato Luca Antonio Tartaglia. Un ex agente sulle «volanti» nella Milano delle guerre di mafia, alla pari del capo della sua squadra investigativa, un uomo che è stato, e per molti rimane, una delle figure più carismatiche della Questura. Sono ampie e intense le storie intorno alla storia principale di Ariane, ottimi studi, quattro lingue parlate, una carriera come sembrerebbe da manager in un’azienda di produzioni cinematografiche, e vittima forse di un black-out mentale o forse addirittura — tanti i misteri da chiarire — volontariamente ancorata lì dov’era, nel mondo di sotto dei clochard, magari in fuga da malattie che avevano colpito persone amate.

Quella fotografia

Che fosse in città non era scontato, e nemmeno che fosse viva. S’è partiti da zero. Anzi no: da una fotografia. La profonda riservatezza della famiglia impedisce al momento di sapere se «dietro» possano esserci litigi e «guerre intestine», e ugualmente di identificare ipotetici scenari criminali, con Ariane braccata da balordi che pretendevano indietro soldi prestati. A Milano, in passato, si era sempre fermata in alberghi di gran caratura e in residence nelle migliori posizioni, come quello di corso Italia. Nel frattempo ha chiuso ma era aperto quando la donna, un giorno, non era rientrata. I pagamenti erano regolari e lei non aveva lasciato detto nulla; nessun «estraneo» l’aveva cercata e nelle telefonate con la sorella non c’erano state avvisaglie di pericoli. D’improvviso Ariane non aveva più chiamato. In principio, alla famiglia, che conosce la sua passione per i viaggi e la ricerca dell’indipendenza spesso coincidente con quella della pausa dei rapporti, l’assenza non era parsa strana. Fin quando il periodo di «mutismo» era divenuto sospetto anche per una come Ariane. A Londra, il primo pensiero era stato di chiedere per appunto l’intervento di Scotland Yard, che doveva occuparsi del caso d’una donna maggiorenne e per di più fuori territorio nazionale… Gli investigatori esperti ripetono che ogni sparizione va immediatamente indagata e che un pensiero diffuso — tanto a breve il soggetto tornerà — è un’autoconvinzione che provoca danni. E infatti di Ariane, alla lunga, s’era perduta ogni traccia.

Le prime mosse

Quel poliziotto di origini albanesi ha iniziato la ricerca con in mano l’immagine della donna. E l’ha mostrata. Ovunque. A chiunque. In corso Italia un parrucchiere, che aveva avuto Ariane come cliente, ha raccontato d’aver visto quella cinquantenne dalle parti del Tribunale, mal vestita e con la chioma sporca, raccolta in una coda. Non ne era sicuro, probabilmente si sbagliava perché figurarsi se una donna «tenuta» poteva essersi ridotta in quello stato. Lo «sbirro» ha perlustrato la zona del Tribunale, di nuovo con la foto e di nuovo con la domanda: «Conosci questa donna?». Tassisti, guardie, baristi e clienti dei bar, edicolanti e fiorai. Un fioraio ha rammentato d’aver visto passare Ariane o almeno, testuale, una tizia che gli somigliava conciata da barbona. Appostamenti in zona hanno dato esito negativo, la donna non c’era. Ma se davvero s’era trasformata in una clochard, e siccome ogni pista dev’essere battuta, sotto la regia di Tartaglia e del capo della squadra investigativa lo «sbirro» è stato sollecitato a percorrere ogni angolo. E così: i dintorni della Centrale, i dormitori dei senzatetto, le mense dei poveri… In una mensa avevano un ricordo, vago, di una signora la quale però aveva spiegato d’essere francese e non inglese. D’accordo, ma dov’era? Forse dalle parti del Duomo, forse sotto i portici vicino alla Borsa.

Cibo nei rifiuti

Chi lì dei clochard sostava non aveva idea d’una certa Ariane, francese o inglese che fosse. Senonché in corso Vittorio Emanuele, davanti a un negozio di abbigliamento, un barbone ha rivelato d’aver parlato di sicuro con una donna, e magari era quella giusta. Giorni, notti d’attesa. E intanto la famiglia, carica d’angoscia nella paura di tragici epiloghi, sollecitava una risposta. Arrivata alle due della notte tra sabato e ieri. Una precedente imbeccata, raccolta dividendo l’ennesimo caffé con l’ennesimo clochard, ha indicato l’arrivo in piazza Beccaria di una nuova ospite. Ariane dormiva. Maglioncino e pantaloni corti. Stesa a terra senza coperte. Di ieri mattina, dopo l’atterraggio a Linate, l’abbraccio con la sorella avvenuto in Questura, nel passaggio obbligato per la formalizzazione del ritrovamento; un abbraccio vero, spontaneo. Sono andate insieme in un hotel. Ariane deve essere visitata per scoprire un’eventuale «causa scatenante». Questo il suo racconto, parziale, confuso, lunghi silenzi e rabbiose urla: «Non so spiegare… Forse camminavo, sono stata aggredita e derubata, e caduta a terra ho picchiato la testa… Dopo non avevo più la borsa con soldi, cellulare, documenti. Sono innamorata di Milano… Residenti, passanti e volontari offrivano un aiuto ma non volevo… Regalavano cibo e rifiutavo… Frugavo nei cestini dell’immondizia, cercavo da mangiare, stavo fuori da ristoranti e hotel per rimediare qualcosa».

Andrea Galli (Corriere)

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Moderazione dei commenti attiva. Il tuo commento non apparirà immediatamente.

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.