C’è una piccola battaglia che si combatte all’ombra di faggi e querce secolari, in un ambiente bucolico, quello dei boschi di Toscana, Umbria e Marche. È una battaglia, a suo modo senza esclusione di colpi, dove non si fanno prigionieri e dove non esiste alcuna convenzione di salvaguardia per chi combatte. Anche perché chi muore, in questo caso è del tutto innocente. Muoiono cani, cani preziosi, addestrati per anni a scovare un tubero che, se non vale quanto l’oro, ci si avvicina, specie in certe annate. Questa è proprio una di quelle, perché il tartufo quest’anno non si fa vedere. Come è noto, L’Italia è uno dei maggiori produttori mondiali ed esportatori di tartufi. Nell’intera Penisola è possibile raccogliere tutte le specie di tartufo impiegate in gastronomia. In certe annate di particolare scarsità, come questa, il Tuber magnatum, il bianco più pregiato, può arrivare a costare attorno ai 5.000 euro per chilogrammo.
Da qui si desume che si tratta di un business molto redditizio e quando si tratta di soldi si contano i cadaveri che questa volta risultano le spoglie dei cani addestrati per anni a scovare il tubero e avvelenati dagli spietati concorrenti nell’affare economico. È proprio nelle annate di carenza che il cane migliore fa valere la sua importanza, perché, ancora oggi, è proprio lui l’artefice del guadagno. L’addestramento è lungo e viene considerato una vera e propria arte che si tramanda di padre in figlio e, proprio per questo, un cane da tartufo bene addestrato ha un valore quasi inestimabile. Impossibile che un tartufaio venda un eccellente cane da tartufo. Ma se non lo vende, si può trovare il modo di renderlo inoffensivo e con due soldi. Basta un po’ di pazienza e di «arte» nella preparazione della classica polpetta avvelenata e il gioco è fatto. È quanto sta accadendo in Umbria e Marche. Nella zona di Avezzano la situazione è diventata allarmante nelle ultime settimane. Diverse segnalazioni sono arrivate dalla zona di Carrito, frazione di Ortona dei Marsi. I bocconi avvelenati sono stati piazzati in luoghi strategici frequentati dai cercatori di tartufi, quindi è assai probabile che si tratti di una vera e propria guerra tra differenti gruppi di cercatori i quali non hanno il minimo scrupolo a sopprimere la «concorrenza» con metodi barbari e crudeli che presuppongono l’ingestione di vecchi veleni ben noti, quali la stricnina e di nuovi, più moderni e subdoli (di cui non faremo i nomi per ovvi motivi) che hanno lo stesso tasso di mortalità, se non superiore, e le stesse scarsissime possibilità di sopravvivenza per i cani innocenti. La morte arriva in pochissimo tempo tra dolori atroci e ogni tentativo di salvataggio diventa, quasi sempre, inutile.
Decine di cani sono morti nelle ultime settimane ad Avezzano, come a Castellafiume come a Ortona dei Marsi e qualcuno si è divertito, con macabra fantasia, a confezionare polpette di carne con dentro pezzetti di vetro. Lasciamo immaginare cosa succede, una volta ingerite e a quale orribile morte vadano incontro i cani. Purtroppo queste faide avvengono ogni anno e si fanno più frequenti quando il tartufo scarseggia, facilitate dal fatto che veleni di altissima potenza possono essere acquistati in un supermarket come al locale consorzio agrario in latte da un litro capaci di uccidere centinaia di cani e gatti. Prima o poi ci cascherà il bambino e allora assisteremo allo sport italico più gettonato: lo scaricabarile.
Oscar Grazioli (Il Giornale)
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