Monsignor Delpini nuovo arcivescovo di Milano: “Cerchiamo ciò che unisce”

Milano

Milano 25 settembre – Ieri il giorno della cerimonia d’ingresso in Diocesi del nuovo arcivescovo di Milano, Mario Delpini. Cerimonia divisa in due momenti, il primo nella basilica di Sant’Eustorgio, con l’omaggio ai primi santi della chiesa milanese, e il secondo in Duomo dove è avvenuto il passaggio di consegne con suo predecessore, cardinale Angelo Scola, con il Pastotrale di San Carlo consegnata da quest’ultimo al nuovo arcivescovo.

L’INGRESSO IN DUOMO – Delpini ha raggiunto in automobile piazza Duomo, dove è stato accolto dal prefetto Luciana Lamorgiese e dalle massime autorità della Regione e del Comune e dal generale comandante del presidio militare. Per l’occasione, la fermata della metropolitana è stata chiusa alle 14.30 per ragioni di sicurezza. La piazza è stata transennata e ai varchi vengono fatti controlli con il metal detector. Tutti sono controllati allo stesso modo all’ingresso della cattedrale, inclusi i sacerdoti venuti a concelebrare la messa. In piazza sono stati allestiti due maxischermi. Davanti alla porta centrale della cattedrale c’era il suo predecessore, cardinale Scola, che ha abbracciato Delpini al suo arrivo. Il neoarcivescovo è quindi entrato nella cattedrale per il rito d’ingresso: il bacio della croce capitolare, l’incensazione e l’aspersione dei fedeli. Dopo un saluto ai fedeli ha, raggiunto la cripta di San Carlo. Ai fedeli presenti, monsignor Delpini ha detto che questo momento è in continuità con ilpellegrinaggio che quest’estate ha compiuto nei santuari mariani della Diocesi, invitando a pregare per lui: “Fare il vescovo di Milano non è impresa per eroi solitari”.

LA CELEBRAZIONE – Terminato il rito d’ingresso, è iniziata la messa solenne concelebrata da un centinaio di sacerdoti, dai cardinali Scola, Francesco Coccopalmerio, Gianfranco Ravasi, Renato Corti e da 34 vescovi provenienti dalle diocesi lombarde e italiane. Dopo la lettura della lettera apostolica con il quale Papa Francesco ha affidato a monsignor Delpini la guida della diocesi, il nuovo arcivescovo ha ricevuto dal cardinale Scola il Pastorale di San Carlo. Quindi ha baciato l’altare e si è seduto, per la prima volta, sulla cattedra arcivescovile acclamato con un canto.

“FRATELLI E SORELLE” – Il nuovo arcivescovo ha chiesto di usare i termini “fratelli e sorelle” per tutti i fedeli e anche per gli atei e per i fedeli di altre religioni, a cominciare da quella islamica. “Anche a loro mi rivolgo con una parola”, ha detto, che “è speranza di percorsi condivisi e benedetti da una presenza amica di Dio”. Ai “figli di Israele” invece, ha detto che “abbiamo troppo poco condiviso la vostra sofferenza” ma che “abbiamo troppe cose comuni per precluderci un sogno di pace comune”. Delpini ha spiegato di volere continuare nel solco dei suoi predecessori “in comunione affettuosa, coraggiosa e grata con il santo Padre, papa Francesco”. “In particolare – ha aggiunto – possiamo fare memoria della responsabilità missionaria che ha caratterizzato il magistero dei Vescovi degli ultimi decenni proprio a sessant’anni dalla conclusione della Missione di Milano indetta e vissuta da Giovanni Battista Montini nel 1957”, quando era arcivescovo di Milano, prima di diventare papa Paolo VI.

Si è rivolto alla gente – “la mia gente!” – sottolinenando che “siete le pietre vive della Chiesa cattolica in questa terra benedetta da Dio, in questa diocesi ambrosiana, e in Chiese sorelle di altri paesi e continenti, uomini e donne, laici e consacrati, famiglie che portano le loro gioie e le loro ferite, i Cardinali che la nostra Chiesa ha l’onore di riconoscere come suoi, vescovi e preti. Permettetemi – ha aggiunto – di rivolgermi a voi con questa parola tremante nella notte, fratelli, sorelle. Non che io intenda rinunciare alla mia responsabilità di esercitare in mezzo a voi un magistero, non che io intenda sottrarmi alle fatiche del governo. Piuttosto esprimo il proposito di praticare uno stile di fraternità, che, prima della differenza dei ruoli, considera la comune condizione dell’esser figli dell’unico Padre. Desidero che si stabilisca tra noi un patto, condividere l’intenzione di essere disponibili all’accoglienza benevola, all’aiuto sollecito, alla comprensione, al perdono alla correzione fraterna, al franco confronto, alla collaborazione generosa, alla corresponsabilità lungimirante”.

IL MESSAGGIO DI SCOLA – “Non ti dirò, come i nostri predecessori, che questo pastorale ti sarà pesante perché la tua lunga esperienza ti consente di saperlo già. Così il cardinale Angelo Scola ha porto il Pastorale di San Carlo a monsignor Mario Delpini che lo ha sostituito come arcivescovo di Milano. Il suo è un riferimento alle parole che il cardinale Carlo Maria Martini disse a Dionigi Tettamanzi passandogli il lungo bastone simbolo del ruolo di capo della diocesi ambrosiana e anche al fatto che Delpini nella diocesi è nato e cresciuto e negli ultimi anni è stato anche vicario generale. L’augurio di Scola al nuovo arcivescovo è che il suo cammino, con il “compito di essere padre e pastore”, sia “spedito e carico di frutti”.

A SANT’EUSTORGIO – Poco dopo le 16, Delpini si era recato nella basilica di Sant’Eustorgio, ripetendo il gesto dei suoi predecessori che da secoli scelgono di entrare in città da questo luogo legato all’annuncio del Vangelo ai primi cristiani. Sulla piazza, ad accoglierlo, il sindaco Giuseppe Sala  e il vicario episcopale per la città, monsignor Carlo Faccendini. Durante il rito, Delpini ha ricevuto in dono una capsella, cioè un contenitore con dentro la terra raccolta nella necropoli paleocristiana che si trova sotto la basilica. Dopo il benvenuto di don Giorgio Riva, parroco della basilica, che ha augurato a Delpini di essere “guida per la citta’”, e quello di don Antonio Costabile, responsabile dei catecumeni, è stato letto un brano dal Vangelo di Matteo: “Venite a me voi tutti che siete stanchi e oppressi e io vi darò ristoro”.

L’OMELIA – L’omelia dell’arcivescovo Delpini è iniziata nel modo semplice e congeniale alla figura di quello che a Milano è conosciuto come “il don”, cioè raccontando una storia con tre esempi: il primo quello di “Peppino, dentista”, che “diceva: sono solo stanco e oppresso. Quando mi sento così, vado dal mio medico. Mi scrive due ricette: un po’ di vitamine e un po’ di pillole, quelle giuste. E’ così che si tira avanti”. Il secondo quello di “Pino, centralinista” che, stanco e oppresso “diceva: quando mi sento così, vado al bar. Gioco con le macchinette e dopo una partita ne viene un’altra”. Infine il terzo esempio, quello virtuoso, quello di “Peppino, il commercialista”, “che diceva: tra scadenze e consulenze, non ti lasciano neanche il tempo di mangiare. Quando mi sento così mi rifugio in una chiesa, mi unisco al canto della mia comunità, busso alla porta del Signore”.

Rivolgendosi ai 200 catecumeni adulti presenti nella basilica e a cui poi ha dato la benedizione, Delpini ha quindi concluso: “La scelta del battesimo è un modo per dire che crediamo che il ristoro e la speranza si trovano in Gesù”. Infine un’esortazione: “Usciamo da questa chiesa, entriamo in città, andiamo incontro a tutti, per portare, a ciascuno, ogni giorno, la speranza della vita eterna e felice. Invochiamo perciò il dono dello Spirito, perché la gioia e la vita di Dio abitino in noi”. Quindi ha lasciato in dono il proprio rocchetto, ossia la veste in lino bianco indossata per la cerimonia e si è inginocchiato per baciare e incensare la mensa e il sarcofago dove sono sepolte le reliquie dei primi vescovi santi milanesi: Eustorgio, Magno e Onorato. (Il Giorno)

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Moderazione dei commenti attiva. Il tuo commento non apparirà immediatamente.

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.