La Casa dei Giochi: un’eccellenza che non possiamo perdere

Milano

Milano 5 Ottobre – Nel 1881, dietro il Duomo, nasceva la Società Scacchistica Milanese. Già Ambrogino d’Oro, già onusta di medaglie e premi, oggi non è più in centro. Non è più entro la prima circonvallazione. Nemmeno entro la seconda. È aggrappata a Milano per un soffio. Eppure, nella sua sede attuale è viva come non mai. È in una collocazione particolare: è situata tra una struttura dove si trovano flipper d’epoca e si allenano campioni Italiani del settore ed una grande sala, dove ogni sera si ritrovano centinaia di ragazzi, legati da hobby diversi. Martedì, ad esempio, c’è una lega a gironi di Risiko, versione da torneo. Io per primo, ve lo confesso, avrei faticato a credere che esistesse un posto del genere. Eppure c’è. Anzi, di più: ce l’abbiamo. È la Casa dei Giochi. Non è una ludoteca, non ci sono feste per bambini, non c’è il nido e non serve a lasciare dei virgulti incustoditi per qualche ora. Macché. La Casa dei Giochi è molte cose. Innanzitutto, è una confederazione di circoli. Dagli Scacchi alla Dama, dai Flipper ai Giochi di Ruolo dal Vivo. Poi è un’isola. Si trova tra via Padova e Viale Monza, in via Sant’Uguzzone 8. Ha tenuto viva una struttura comunale per dieci anni, presidiando il territorio, proteggendo l’estrema periferia dal degrado. Un’isola di socialità nella periferia, anche esistenziale della società. Un’isola fortezza. Dove 2000 giovani (dall’adolescenza all’età adulta, finendo con gli eroici damisti, eterni giovanotti, pochi dei quali hanno visto meno di settanta primavere).

Tutto questo nasce grazie all’unione tra vari circoli che per non sparire e spegnersi poco a poco hanno deciso di riunirsi in un progetto “utopistico”: una casa per i giochi. Il progetto è diventato un costruttore di sogni. Un custode di meraviglie. Qualcosa che ha fatto per la periferia di Milano molto più di quanto intere legioni di benintenzionati siano riusciti a realizzare. Nel 2007, ha riunito un nucleo di Club ed è partito all’avventura. L’aspetto incredibile, quasi eroico, è la profonda gratuità dell’intero sistema. Ci sono le tessere associative, ovviamente. C’è un bar, naturalmente. Ma non ci sono rode di commessi che vogliono vendere a tutti i costi. L’atmosfera è libera. Ma ordinata. Precisa. Non c’è caos. Eppure c’erano centinaia di persone, tutte intente a giocare. Ma questo è il segreto: ognuno ha il suo posto. Ed in ognuno degli spazi regna un’organizzazione precisa. È questo il segreto. Ed è un’impresa titanica. Pensate solo a cosa richieda far convivere scacchi e flipper. E quanto difficile sia far andare d’accordo damisti settantenni e giovani giocatori di ruolo live. Per costruire tutto questo ci sono voluti dieci anni. E l’opera è qualcosa che toglie il fiato. Oggi la struttura è pienamente efficiente e sta crescendo: porta il gioco nelle scuole. Ha una biblioteca da cinquemila volumi sul tema ludico. Ci scrivono tesi di laurea qui dentro. Inventano giochi qui. Campioni nazionali ed internazionali si allenano. E sotto, nei magazzini, sono custoditi migliaia e migliaia di giochi. Salvati dall’estinzione e protetti dal tempo e dall’usura. È una struttura che vorrebbero copiare in tutta Italia. Per una copia della quale, la Regione Friuli, ha stanziato 400 mila euro. Una copia in piccolo. A noi non costa quasi nulla. La sede, appena.

Eppure, tra un anno, tutto questo sarà in pericolo, potrebbero trovarsi sotto sfratto perché scadrà la convenzione di comodato d’uso della loro sede. Tutto il lavoro fatto, tutta l’armonia costruita, tutte le sinergie esistenti potrebbero andare perse. Io mi auguro che non succeda. Perché perderemmo un tesoro nascosto, un’isola di pace, una fortezza contro degrado e solitudine. Tutte cose che non si costruiscono in una mattina, né con un tratto di penna. Ma che, purtroppo, possono essere distrutte in giorno. E con una firma.

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