No alla riapertura Navigli: parla l’arch. Mendini “Non serve raccattare le cose passate”

Milano

“E un atto di nostalgia retrodatato. Sono solo striscioline d’acqua che non danno più valore al centro” (Nella foto copertura Naviglio-Senato tra gli anni ’20-’30)

Milano 8 Ottobre – Alessandro Mendini misura le parole. E i silenzi. È il suo “tradizionale” tono pacato. Anche se alla fine il giudizio che l’architetto dà del progetto di riapertura dei Navigli è comunque deciso: «Mi sembra che, fra le tante necessità e le spese che questa città deve affrontare in questo momento, sia un atto di nostalgia un po’ retrodatato». Tradotto: ci sono altre priorità per la Milano di oggi e di domani.

Architetto, ma se ci fosse un referendum sui Navigli lei andrebbe a votare?

«Andrei anche a votare, ma voterei no perché sono un romantico ma non sono un nostalgico. Bisogna fare cose nuove, non raccattare cose vecchie».

Anche lei, quindi, fa parte di quanti guardano all’operazione come a qualcosa di nostalgico?

«Le nostalgie dei luoghi d’acqua a Milano riportano la memoria a realtà che sono state importanti».

Ma?

«Far riaffiorare adesso l’acqua dopo che non scorre più in superficie da così tanto tempo non so se sia compatibile dal punto di vista della viabilità e soprattutto della modernità di Milano».

Le sue perplessità riguardano anche la questione economica?

«Non so neppure se sia possibile inserire questa spesa tra quelle che possono essere ragionevolmente sostenute».

Sta dicendo che le priorità sono altre? Che cosa servirebbe, allora, alla Milano dei prossimi decenni?

«Ci sono tanti problemi nelle periferie su cui concentrare l’attenzione. Oltre alle zone della Milano di lusso, è fondamentale la riqualificazione dell’antropologia dei quartieri periferici, spesso molto violenti».

Per il sindaco Sala le periferie restano una priorità, ma lavorare sui Navigli potrebbe portare benefici profondi.

«In realtà non so che cosa possa davvero comportare la riapertura di qualche metro in più di acqua».

Nella peggiore delle ipotesi, anche far riaffiorare i primi cinque tratti potrebbe rappresentare sempre un modo per migliorare l’immagine di questi angoli di Milano?

«Se parliamo di striscioline d’acqua, non so. Certo, possono anche essere carine, ma che cosa portano alla trasformazione estetica del centro?».

Sempre guardando alla Milano dei 2022, per la riqualificazione degli scali punterebbe sul verde? «Una dose di verde negli scali è evidentemente essenziale, come il tentativo di rendere continuo il sistema dei parchi. Ma non sono un fanatico del verde. Tirerei via i banani da piazza Duomo, mi piace il sagrato come l’ha disegnato Portaluppi. E non metterei neanche gli alberi tra Cordusio e il Castello: sono retorica, il centro di Milano ha poche piante e va bene così».

Alessia Gallione (Repubblica)

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