Milano 9 Ottobre – Come un album di famiglia. Dentro ci sono le figurine di un quartiere che per ritrovare se stesso ci ha messo la faccia. L’orgoglio di essere la gente delle «5 Vie». La zona degli artigiani: antiquari, venditori di tappeti, orafi. Per pigrizia reciproca l’identità da queste parti stava sfumando via col vento della globalizzazione. L’idea è venuta all’associazione culturale «5 Vie Art+Design»: mettere davanti all’obiettivo di Patrizia Calegari 30 personaggi simbolo. Artigiani noti e giovani talenti. Un portinaio, le bidelle dell’asilo Sant’Orsola, l’architetto, l’insegnate della scuola di danza, i baristi di via Santa Marta. C’è chi viene pubblicato sulle riviste internazionali, chi si accontenta di essere noto all’ombra della basilica di Sant’Ambrogio. Un progetto, quello di «5 Vie People», che è la cartolina ideale di un quartiere che negli ultimi quattro anni ha cambiato faccia, trovando il modo, con una grande operazione collettiva, di tornare al passato mentre tutti altrove inseguono freneticamente il futuro. Perché per capire come si costruisce l’identità di un quartiere bisogna andare indietro di qualche anno, settembre 2013: «Pochi ci credono, ma quando abbiamo iniziato il nostro progetto abbiamo bussato porta a porta. Portinerie, scuole, negozi, atelier, chiese. A tutti cercavamo di trasmettere l’orgoglio da ritrovare di questo quartiere. Perché è un po’ come l’albero di Natale: ha tante lucine, ma se non attacchi la spina nulla si illumina. Il rilancio doveva passare da un’operazione collettiva» racconta Alessia del Corona, una delle fondatrici del distretto 5 Vie.
Perché ora tutti se lo immaginano durante la bolgia festosa della Design Week primaverile, quando il quartiere è diventato un polo riconosciuto del Fuorisalone. Ma la rinascita passa soprattutto attraverso gli altri 360 giorni dell’anno. La gente ha capito che farsi promozione insieme è meglio che da soli. Che più gusti è meglio di uno per attirare l’attenzione della città e di conseguenza del resto del mondo. Che non è per forza un limite, come molti esercenti temevano, vivere all’interno dell’Area C. Perché il passaggio anche pedonale della gente aumenta se c’è qualcosa da vedere e soprattutto da fare. Così si è tornato a parlare dei tesori del Carrobbio, cuore antico di Milano. La bottega, il cortile segreto. Il recupero del Garage Sanremo, del Foyer Gorani: «La sfida è quella di riconvertire ogni spazio commerciale vuoto o sprecato — aggiunge Alessia —. Noi soci viviamo qua, i bambini vanno all’asilo qui. Tutto parte dall’impegno civico di risolvere i problemi che conosciamo. Vedere il quartiere perdere la sua anima ci ha dato l’idea di creare un distretto».
Stefano Landi (Corriere)
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