L’ultimo degli artisti può permettersi di celebrare le belve Isis e sulle spiagge sbarca la malavita. Aspiranti suicidi, così ci faremo male davvero.
Milano 12 Ottobre – Non bastava il monumento agli immigrati, esposto alle porte di una Capalbio che i profughi li accoglie, ma a casa degli altri. Adesso. in nome del dialogo, abbiamo anche il monumento ai terroristi islamici. Accade a Pagazzano, Comune della bassa Bergamasca, dove in occasione della Seconda biennale del dialogo sono stati esposti due obelischi in memoria delle vittime di Barcellona, ma anche dei loro carnefici. Una stele commemorativa, di colore verde, il colore sacro dell’islam, riporta i nomi dei morti della Rambla tradotti in arabo, tra i quali gli italiani Bruno Gullotta e Luca Russo, ma l’altra stele, identica, indica tra i caduti nomi e cognomi degli assassini. Anche quelli in due versioni, in alfabeto latino e in arabo. Che dialogo ci possa essere fra chi è stato ucciso mentre passeggiava nel centro di Barcellona in un pomeriggio d’estate e di vacanza e i criminali che in nome di Allah lo hanno travolto e ucciso con un furgone è un mistero. Ma in nome del politicamente corretto, del perdono a tutti i costi, delle braccia aperte anche nei confronti dei più feroci terroristi, un artista in cerca di fama deve aver pensato che un monumento con vittime e carnefici uniti nella morte dovesse essere una buona idea.
Purtroppo siamo pieni di buone idee. Idee di pace e di dialogo con i killer, come se con i tagliagole che impugnano un coltellaccio pronti ad affondartelo nella giugulare si potesse parlare serenamente. Il buonismo impera e viene celebrato in piazza, ma di buonismo spesso – troppo spesso – si muore.
Mentre le varie associazioni caritatevoli piangono lacrime di coccodrillo, disperandosi per i naufraghi nel Mediterraneo, naufraghi che loro stesse hanno contribuito a far finire in fondo al mare incoraggiando l’immigrazione, dalla Tunisia arrivano notizie inquietanti sui cosiddetti profughi. Nei mesi scorsi il governo di Beji Caid Essebsi ha svuotato le carceri, concedendo la libertà anche a pericolosi criminali. In tutto sarebbero alcune migliaia di persone, il 5o per cento delle quali si sarebbero imbarcate sulle carrette del mare per raggiungere l’Italia. Nulla di strano, ovviamente. Tra la prospettiva di ritornare rapidamente in celle in cui i secondini buttano la chiave per impedire l’uscita dei delinquenti e l’idea di emigrare in un Paese dove le prigioni hanno le porte girevoli ed è più facile uscire che entrare, è ovvio che le preferenze vadano alla seconda.
In Africa e negli altri Paesi che si affacciano sul Mediterraneo ci siamo fatti la fama di essere la repubblica del Bengodi, dove anche chi ruba non rischia di avere le mani mozzate, come accade nelle zone in cui vige la sharia, ma al massimo un buffetto e il foglio di via. Il flusso di pregiudicati rilasciati da Tunisi e imbarcati per l’Italia pare abbia allarmato anche i nostri servizi segreti, i quali temono per la sicurezza nazionale. Oltre a ladri e spacciatori, sui barconi potrebbero esserci dei terroristi, i quali approfitterebbero del fenomeno migratorio per trasferirsi in Europa senza dare nell’occhio. Insomma, insieme con i profughi importeremmo terroristi e dunque è scattato l’allarme. Una scoperta che però sembra quella dell’acqua calda. Da tempo giungono segnalazioni dijihadisti camuffati da richiedenti asilo. Il killer di Berlino, ossia il terrorista che fece strage nel mercatino di Natale, era proprio arrivato in Italia con un barcone. Ufficialmente profugo, ma realmente clandestino Anis Amri, questo il suo nome, prima di trasferirsi in Germania e uccidere 12 persone tra le quali l’italiana Fabrizia di Lorenzo, era giunto da noi su una bagnarola. Chissà se a lui intitoleranno il monumento ai profughi oppure quello ai terroristi.
Sta di fatto che i pregiudicati tunisini arrivati in Italia hanno pochissime possibilità di essere rispediti al mittente. Anche se hanno la fedina penale macchiata da ogni genere di reato, alla fine ci toccherà tenerceli. Anzi, daremo loro pure le case, smistandoli in giro per l’Italia di provincia, come chiede di fare il sindaco di Milano, Beppe Sala. Il quale, a forza di frequentare la sinistra, ha imparato la lezione: gli immigrati vanno accolti. Ma sempre a casa degli altri.
Maurizio Belpietro (La Verità)
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