Dopo le liberalizzazioni di Bersani i Comuni hanno dovuto affrontare il problema degli ambulanti. Sequestri e controlli non bastano più, mentre nelle piazze aumentano famiglie in crisi e disoccupati
Milano 17 Ottobre – Le scale di grigio sono fatte così: ambigue, irregolari, a volte ostentate altre volte nascoste, quasi sempre fatte di umanità multiforme. Disperata, dolente o truffaldina. Eliminarle non si può, perché rispondono a un bisogno. Si può solo scegliere come gestirle: tollerare, reprimere, sanzionare, valorizzare, sapendo in partenza che si andrà incontro al fallimento.
I mercati del libero scambio sono così, si muovono in zona grigia, a cavallo tra illegale e irregolare, tra chi vende merce rubata e contraffatta e chi oggetti leciti, perché usati o recuperati, ma senza autorizzazione. C’è stato un momento in cui un piccolo mondo è diventato irregolare (non illegale): 1998, le liberalizzazioni di Bersani, allora ministro nel governo Prodi. Vengono di fatto aboliti i mestieri “girovaghi”, disciplinati da una legge approvata sotto il regime fascista: cenciaiolo, stracciaiolo, raccoglitore di ferro. Attività per cui non serviva licenza ma solo un’autorizzazione rilasciata dalla Questura.
Spariti. Evaporati. Però in quell’universo c’era chi campava. C’era una Storia: quella del Balon di Torino, ad esempio, nato proprio per consentire agli stracciaioli, a chi raccoglieva merce in giro o la accumulava, di venderla, una volta a settimana, anche se sprovvisto dell’autorizzazione al commercio ambulante. Gente che non aveva la forza di ottenere una licenza ma viveva di quel piccolo cabotaggio.
Toccava dare una nuova forma a questo mondo che rischiava di scomparire. Torino ha tentato una strada: regolarizzare quel che regolare non è per natura, concedere un permesso temporaneo in cambio di un contributo per l’occupazione del suolo pubblico e lo smaltimento dei rifiuti. Per molti versi non ce l’ha fatta: l’illegale è rimasto inossidabile compagno di strada del regolarizzato, i residenti sono scesi in strada, i sequestri di merce rubata e fasulla non hanno estirpato la piaga.
Altrove si sono imboccate strade diverse, ma a rendere tutto più complicato è arrivata la grande crisi. Nelle aree di libero scambio i venditori occasionali si sono moltiplicati, gli acquirenti anche. Ne è cambiata la natura: a chi campa di espedienti si è aggiunto chi è rimasto senza lavoro e speranze. A fianco di accattoni e amanti di cianfrusaglie sono comparse le famiglie in cerca di abiti e scarpe usati. Il folclore ha ceduto spazio alla disperazione. Oggi nelle aree di libero scambio si condensano illeciti e bisogni. E nessuno ha ancora trovato la formula per scinderli.
Andrea Rossi (La Stampa)
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