Ad Expo baravano pure sui fondi per la Procura?

Milano

Questa è una storia che ha dell’assurdo. E che Repubblica sintetizza così:

L’Anac di Raffaele Cantone ha trasmesso alle Procure di Milano, Brescia e Venezia la delibera di chiusura dell’istruttoria su presunte irregolarità nella gestione degli appalti finanziati con fondi governativi per Expo e messi a disposizione dal Comune di Milano, tra il 2010 e il 2015, per lavori di ammodernamento della rete informatica del Palazzo di giustizia di Milano in vista dell’Esposizione Universale del 2015.[…]

Secondo la delibera Anac, si sono verificate una serie di violazioni del codice degli appalti perché il Comune “ha effettuato un improprio ricorso alle procedure negoziate senza previa pubblicazione del bando di gara”. In pratica, ci sarebbero stati affidamenti diretti dei lavori, spesso a società già conosciute come Elsag Datamat e Net Service, senza rispettare i “principi di economicità, efficacia, tempestività e correttezza nonché libera concorrenza, parità di trattamento, non discriminazione, trasparenza e proporzionalità”.

Il periodo preso in considerazione ci consente di escludere che sia coinvolto direttamente Sala: lui ha ceduto i soldi, poi il Comune li ha spesi. Quindi è destituita di ogni fondamento, anzi è direttamente calunniosa l’ipotesi che questa sia la prova regina del patto tra procura ed ex commissario di Expo. Non c’è, né appare probabile ci sia stato, un patto tra Sala ed i PM per scambiare soldi e favori. Di sicuro, però, c’è qualcosa di strano: qui vengono tirate in ballo altre due Procure, quella di Brescia (competente ad indagare i PM di Milano) e quella di Venezia, che può far lo stesso per quelli di Brescia. Questo perché l’ex capo dei PM di Milano, ora dirige la Corte d’Appello di Brescia. Dando un’idea piuttosto precisa su chi sia l’obiettivo indagine. Anche se non si capisce perché siano coinvolti, visto che i bandi (non fatti) erano competenza del Comune.

Chi scrive avrebbe una sua, personalissima, teoria. Dunque, ci troviamo davanti a tre ipotesi:

  1. Comune e Procura hanno sbagliato alterato volutamente gli appalti. Sotto gli occhi di tutti. Senza alcuna protezione legale. In pieno giorno. Coram populo. In un mondo pieno di gente che indaga su questo genere di reati. Nella culla di tangentopoli. Credendosi impunibili. Nonostante i problemi interni (ve lo ricordate Robledo?). A voi pare probabile? A me per nulla. Non posso escluderlo del tutto, voglio dire è esistita la banda della Uno Bianca dopotutto, ma mi sembra davvero surreale uno scenario del genere.

  2. Comune e Procura hanno fatto tutto regolarmente. L’Anac ha preso una colossale e gravissima cantonata. Scusate il gioco di parole. In questo caso l’autorità andrebbe sciolta. E Cantone murata. Questa ipotesi e le sue conseguenze, val la pena ricordarlo, varrebbe un punto di PIL. In più.

  3. Comune e Procura hanno interpretato la legge e Cantone interviene a dire loro che non hanno capito nulla. E questa è l’ipotesi più inquietante: la Procura di Milano ha contribuito in maniera determinante ad un errore in termine di normativa sugli appalti. Dimostrando così, laddove ve ne fosse mai stato bisogno, quanto schifo faccia la nostra normativa. Così complicata, astrusa e Bizantina da non essere interpretabile nemmeno da chi dovrebbe farla rispettare. In questo caso succederebbe un miracolo. Tiferei per la Procura di Milano. Che finalmente vivrebbe il calvario dell’imprenditore medio che ha la sfortuna di aver a che fare con la PA.

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