Milano 21 Ottobre – Si chiacchierava qualche sera fa, noi donne di una certa età, in linea di principio e con le proprie esperienze, delle battaglie femministe, quando il femminismo si identificava con l’autodeterminazione. E si parlava allora di libertà, di gestione del proprio corpo come diritto da acquisire, per quella parità tra uomo e donna che esigeva rispetto e scelta in autonomia. E si escludeva nel modo più assoluto che un rapporto sessuale potesse sottendere un do ut des. La fierezza delle donne negli anni 60 e 70 stava anche nell’esercitare quel No quando la richiesta era inopportuna, viziata dalla figura dominante del maschio, “sporca” perché proposta con un ricatto.
Il NO era una prova di libertà e di conquista di un diritto. Da giorni si parla del caso Weinstein, ma gli uomini vermi sono sempre esistiti e non solo nel mondo del cinema e dello spettacolo. Il ricatto sessuale è uno sport che definisce la miseria, l’insicurezza e spesso l’inferiorità dell’uomo che non sa rapportarsi con la donna. Una scorciatoia che si identifica con l’abuso di potere e l’ignoranza. Ma, detto questo, non credo che le aspiranti dive fossero tutte delle mammolette indifese, senza alternative. Bastava saper dire No. C’è stata violenza psicologica? Può darsi. Ma d’altro canto c’è stato anche quel sottendere un do ut des che è convenienza e opportunismo. E se Weinstein è senz’altro un verme laido e bestiale, accedere alle sue voglie può avere delle attenuanti, ma rimane che il NO si può sempre dire. Anzi si deve.
Nel quotidiano molte donne sanno dirlo, senza sentirsi delle eroine. Per il rispetto che si deve alla propria persona, per conquistare quella parità che permette alla donna di equilibrare i ruoli. Per far capire all’uomo quanto è anacronistico e stupido. “Ricordo – dice Anna – un periodo di fame e di disperazione. Vivevo in un monolocale senza luce e senza il riscaldamento. Un funzionario di un partito mi promise una casa se…Fu un No sofferto e combattuto. Ma lo dissi, nonostante lo stato di indigenza e di difficoltà. Denunciarlo? Considerai il fatto, nonostante l’insistenza aggressiva e cafona, una manifestazione di un certo malcostume diffuso. Era il 1982 e avevo 35 anni”. Un episodio, uno dei tanti…che parla di sopravvivenza, non delle luci di un palcoscenico.
Ma non voglio giudicare. Sono solidale con le fragilità di chi non sa dire No. E naturalmente condivido l’orrore di una violenza, quando c’è stata.
Soggettista e sceneggiatrice di fumetti, editore negli anni settanta, autore di libri, racconti e fiabe, fondatore di Associazione onlus per anziani, da dieci anni caporedattore di Milano Post. Interessi: politica, cultura, Arte, Vecchia Milano