Terrorismo: l’accusa chiede 3 anni per il siriano che voleva combattere con Al Nusra

Cronaca

Milano 24 Ottobre – In carcere era arrivato a strappare alcune pagine del Corano, ma per lui l’accusa è pesantissima: terrorismo internazionale per essersi arruolato “per il compimento di atti di violenza” in Siria con le milizie di Al Nusra. La richiesta del pm di Milano, Enrico Pavone  è di una condanna a 3 anni di reclusione, al netto dello sconto per il rito abbreviato e per la seminfermità mentale stabilita da una perizia, con altri due anni poi di misura di sicurezza con assegnazione ad una ‘casa di cura e custodia’ e, a fine pena, l’espulsione. Mahmoud Jrad, 23enne siriano, residente a Varese, era stato fermato nell’agosto del 2016 mentre, secondo l’accusa, stava organizzando un viaggio per raggiungere la Siria e unirsi alle milizie dell’organizzazione terroristica ‘Jabhat Al-Nusra’, affiliata ad Al Qaeda.

La richiesta del pm antiterrorismo è stata avanzata davanti al gup Ilaria De Magistris e la sentenza è prevista per il prossimo 31 ottobre. Nel telefono di Jrad erano stati scoperti alcuni file audio provenienti dal fronte di guerra di Aleppo, con indicazioni operative per i mujaheddin, che combattevano nella città siriana. Dopo l’arresto, l’uomo si era giustificato dicendo che voleva andare in Siria a trovare la moglie.

Jrad, difeso dal legale Luca Bauccio che per lui ha chiesto l’assoluzione, era stato fermato nell’ambito di un’indagine della Procura di Genova che coinvolgeva altre persone, tra cui anche il fratello del siriano, tre imam (un albanese e due marocchini) e due marocchini che frequentavano moschee salafite. Il gip genovese, però, aveva disposto l’invio degli atti a Milano.

Sul suo telefonino gli investigatori hanno trovato documenti ritenuti “estremamente” significativi, ad esempio, un comunicato ufficiale riconducibile ad Al-Nusra, un file audio contenente un inno al jihad, oltre ad altri numerosi inni dei mujaheddin con l’esaltazione del martirio. Stando all’inchiesta, Jrad, già entrato clandestinamente in Siria nell’estate 2015, si era poi trasferito a Genova a settembre di quell’anno perché era stato messo alla porta dai suoi genitori, che vivono a Varese e che non accettavano il suo percorso di radicalizzazione. “Ma quale futuro … questo vuole morire … questo sta andando a morire”, diceva la madre in una delle tante intercettazioni agli atti dell’inchiesta, mentre il padre, irato per i suoi comportamenti, gli diceva: “Vai … vai a farti esplodere in aria”.

Il primo agosto 2016, inoltre, era stata intercettata una conversazione via Skype tra Jrad e una persona non identificata, il cui contenuto, stando agli atti delle indagini, conferma “i contatti diretti” tra il giovane e “i mujaheddin” che voleva raggiungere. “I compagni hanno detto che andremo a fare il jihad e poi si torna alle nostre ricchezze”, diceva Jrad al fratello in una conversazione intercettata. In carcere poi (oggi era collegato in videoconferenza da Melfi) ha iniziato a manifestare segni di squilibrio psichico e una perizia disposta dal gup ha accertato il vizio parziale di mente.

(Repubblica)

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Moderazione dei commenti attiva. Il tuo commento non apparirà immediatamente.

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.