Milano 28 Ottobre – Il malato – l’economia dell’Unione Europea – è guarito, ma è ancora convalescente; per cui l’unico medico europeo su cui si possa contare – cioè la Banca centrale europea – ha fatto un doppio annuncio: da un lato che le dosi della medicina – la politica monetaria ultra espansiva – verranno ridotte; dall’altro lato che la cura non è affatto terminata, e che quindi può essere riconsiderata in ogni momento, per evitare o affrontare i rischi di ricadute – ristagno economico o disinflazione.
La Bce mostra una prudenza indispensabile, perché occorre tener conto non solo dell’incertezza economica e geopolitica, ma anche delle fazioni che si confrontano tra “colombe” e “falchi” su come arrivare ad una normalizzazione della politica monetaria della Bce. Ma quale deve essere la strategia di normalizzazione? Le due posizioni che si fronteggiano – appunto “colombe” e “falchi” – partono da una comune constatazione: la ripresa economica europea c’è, ma non sembra ancora consolidata. Un punto più volte sottolineato dallo stesso presidente Draghi.
L’anemia della ripresa economica europea può essere spiegata in modo molto semplice. La Crisi – insieme economica e finanziaria – ha creato in generale in tutti gli attori del sistema una profonda sfiducia nelle capacità di crescita; da qui una caduta dei consumi e degli investimenti, cioè della domanda aggregata, che ha colpito l’Unione nel suo complesso. La domanda aggregata si è poi progressivamente ripresa, con il verosimile contributo della politica monetaria ultra espansiva messa in campo in questi anni dalla Bce. Il rinvigorirsi della domanda aggregata si è trasmesso all’offerta di beni e servizi, e di riflesso all’occupazione.
In situazioni normali, al ritorno in movimento dei tre ingranaggi di domanda aggregata, offerta aggregata e occupazione segue anche l’avviarsi di altre due rotelle, cioè quella dei salari e di riflesso quella dei prezzi, che attestano la ripresa sana e regolare di tutto il motore della crescita economica. Qui vengono però le dolenti note della ripresa: salari e prezzi appaiono ancora anemici. Le spiegazioni guardano alla fisionomia del mercato del lavoro, oppure ed anche a quella del grado di concorrenza nei mercati dei beni e dei servizi. Ma soprattutto si tende a guardare al meccanismo delle aspettative: utilizzando una espressione cara proprio a Draghi, gli operatori sembrano ancora guidare guardando soprattutto nello specchietto retrovisore – abbiamo passato la peggior recessione dal dopoguerra – ed invece non abbastanza alle migliori prospettive che sembrano aprirsi guardando alla dinamica della domanda; se si guida ossessionati dallo specchietto retrovisore, la macchina procede come minimo in modo lento ed incerto, se non rischia di fermarsi di nuovo, per inerzia o contro ostacoli non visti.
Quindi la politica monetaria deve convincere il guidatore ad avere una condotta meno squilibrata, influendo sulle sue aspettative. La strategia della Bce deve poggiarsi su due pilastri: l’annuncio della regola di condotta, ed il contenuto di tale regola. Sull’importanza del primo pilastro nessuno discute: condizione necessaria – ancorché non sufficiente – per avere una politica monetaria efficace è la sua prevedibilità, attuale e prospettica. La politica di annuncio ha poi come contenuto la strategia futura della politica monetaria, sia in termini di tassi che di disegno delle strategie di acquisto dei titoli pubblici e privati sui mercati obbligazionari. A ben vedere le tre politiche che hanno finito per caratterizzare l’azione della politica monetaria dal 2008 ad oggi – tassi di interesse sui depositi ed i crediti sulle operazioni bilaterali tra banche e banche centrali, operazioni di mercato in titoli, annunci sulle azioni future sia sui tassi che sulle operazioni di mercato – finiscono per essere strettamente intrecciate tra loro, per cui la coerenza interna delle diverse traiettorie diviene decisiva.
È sul secondo pilastro – qual è l’orientamento più efficace in termini di tassi e operazioni di mercato – che le ricette in campo divergono drasticamente. Secondo le “colombe”, non si dovrebbe nemmeno parlare di normalizzazione finché non si hanno evidenze empiriche robuste che la ripresa della crescita e dei prezzi sia diffusa, robusta ed autosufficiente – cioè non sorretta dalle continue iniezioni mensili di liquidità. Dal lato opposto i “falchi”: non ci sarà alcun effetto sulle aspettative finché la politica monetaria sarà ultra-espansiva: la normalizzazione monetaria deve essere causa, non effetto di una ripresa credibile. La Bce ha scelto una strada intermedia: la politica monetaria rimane ultra espansiva, ma si annuncia un cambio – cosa che dispiacerà alle “colombe” – che non è però una modifica di direzione – con dispetto dei “falchi” – ma solo di intensità: riduzione degli acquisti con mantenimento dei bassi tassi. Scontentando gli estremi, la Bce ha scelto una rotta prudente. Il fatto che non tutti gli aspetti di tale rotta siano stati scelti all’unanimità – come ha informato Draghi – è solo una conferma che la navigazione richiederà la massima attenzione, non solo ai marosi esterni, ma anche agli umori dell’equipaggio.
Donato Masciandaro (Il Sole 24 Ore)
Milano Post è edito dalla Società Editoriale Nuova Milano Post S.r.l.s , con sede in via Giambellino, 60-20147 Milano.
C.F/P.IVA 9296810964 R.E.A. MI – 2081845