Milano 3 Novembre – Raddoppiate in due anni. Da un caso ogni quattro giorni, a quattro ogni settimana. Le denunce per violenze sessuali commesse da minorenni sono aumentate dalle 99 del 2015 alle 199 di quest’anno. È il dato più vistoso della relazione statistica della procura presso il tribunale per i minorenni, responsabile delle indagini sui reati commessi da chi non ha ancora compiuto diciotto anni.
Nel conto rientrano anche le denunce a ragazzini sotto i 14 anni, quindi non imputabili. Un fascicolo su quattro è intestato contro ignoti, “presumibilmente minorenni”. Il capo della procura di via Leopardi, Ciro Cascone, spiega così il dato sulle violenze: “Purtroppo fra i giovanissimi, italiani e di origini straniere, va diffondendosi una sorta di maleducazione sessuale, che in certi contesti sociali e in determinate circostanze può avere effetti pericolosi. La disponibilità della pornografia via internet e il moltiplicarsi di messaggi violenti che arrivano da ogni parte possono portare alcuni ragazzini a considerare le coetanee come sempre disponibili ad avere rapporti. O comunque come possibili prede di atti sessuali violenti”.
La progressione del dato sulle violenze sessuali nell’ultimo triennio nel distretto della corte d’Appello di Milano dice che fra il 1 luglio 2014 e il 30 giugno 2015 le denunce erano 99. Nello stesso periodo dell’anno successivo si è saliti a 147. Nei dodici mesi che terminano con il 30 giugno scorso si è arrivati a sfiorare quota 200. E aumentano anche le denunce per pedopornografia. Nella maggior parte dei casi – spiegano i magistrati – si tratta di ragazzini fra gli 11 e i 14 anni, che filmano rapporti sessuali (quasi sempre consenzienti) con coetanee e poi tramite i social network diffondono immagini e filmati a un numero indeterminato di persone. Anche in questo caso, ovviamente, il principale strumento di diffusione è il telefono cellulare. Ma Alfio Maggiolini, psicologo dell’istituto Il Minotauro e docente in Bicocca, invita a considerare che “gli smartphone hanno al contempo una possibile funzione di deterrenza rispetto alla commissione di reati da parte dei giovani. Consentono infatti, in modo virtuale e incruento, di sfogare pulsioni e agire relazioni che altrimenti resterebbero represse”.
Un altro reato in forte crescita è lo stalking. Le denunce, che a fine giugno 2015 erano 42, alla stessa data del 2017 sono state 81. Quasi il doppio. Un dato che si spiega anche con la tendenza dei pubblici ministeri a contestare gli “atti persecutori” (questa la dicitura italiana del reato) per i casi di bullismo, quando le condotte violente o umilianti siano ripetute. Fino a qualche anno fa era più frequente che i bulli minorenni risultassero indagati per violenza privata. Aumentano, in proporzione minore, anche le denunce per estorsione e furto in abitazione. Ma ci sono anche indicazioni positive. Se il numero totale delle denunce è stabile (intorno alle 2.000 l’anno, fra Milano e hinterland) calano i fascicoli aperti per furto, per rapina e per violazione di sistemi informatici da parte di “baby hacker”. Così come diminuiscono gli arresti in flagranza, un dato che Cascone giudica “molto positivo”.
La relazione della procura per i minorenni dedica alcuni passaggi alla situazione del carcere Beccaria, nel quale sono detenuti giovani fra i 14 e i 25 anni, che però non avevano ancora compiuto i 18 al tempo dei fatti che vengono loro contestati. Nella struttura sono arrivati 194 giovani nel 2016, in calo progressivo rispetto al 2013, anno recurd in cui gli ingressi furono 304. Cresce, in proporzione, il numero degli italiani fra i nuovi detenuti: nel 2015 erano appena il 29 per cento, lo scorso anno sono saliti al 43. Ma il dossier pone soprattutto l’accento
sulle condizioni di detenzione, segnalando “complesse e molteplici problematiche che attengono il disagio minorile”, tali che “gestire le dinamiche all’interno dell’istituto… si rivela assai difficile”. Quanto all’edificio, “necessita di seri e profondi oltre che tempestivi interventi di ristrutturazione”. E versa in un degrado talmente grave da comportare “un serio rallentamento nell’opera rieducativa dei detenuti minorenni”.(Repubblica)
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