Milano 13 Novembre – Dormire per battere il diabete e i chili di troppo? Il sonno “è uno dei sincronizzatori principali dei bioritmi e per questo un prezioso alleato della salute psico-fisica e della qualità di vita e presto, oltre alla sempre più frequente indicazione di praticare attività sportiva, il sonno ha buone possibilità di rientrare nelle prescrizioni mediche”. Ne sono convinti gli esperti riuniti al Congresso nazionale Ame (Associazione medici endocrinologi), che si apre oggi a Roma e prosegue fino al 12 novembre. Un tema di grande attualità soprattutto dopo il Nobel della Medicina 2017 agli scopritori dei meccanismi molecolari dei bioritmi.
“Il sonno – spiega Piernicola Garofalo, presidente Ame Onlus – è un processo attivo e dinamico che ha un impatto importante su molti aspetti della salute, della vita quotidiana e della crescita; ha molteplici funzioni quali la conservazione dell’energia, il consolidamento della memoria, il recupero psico-fisico e tante altre ancora. Inoltre interagisce con il sistema nervoso, endocrino e immunitario, influenzando i tre sistemi più complessi del nostro organismo che a loro volta condizionano qualità e quantità del sonno”.
Ma cosa c’entra il sonno con l’endocrinologia? “Quasi tutte le cellule del nostro corpo presentano un orologio biologico e molti geni si attivano o disattivano seguendo il ritmo circadiano – sottolinea Daniela Agrimi, dell’Ambulatorio di Endocrinologia, Diagnostica e Interventistica tiroidea, Asl Brindisi – L’alterazione dell’orologio biologico aumenta la probabilità di malattia e questo è particolarmente evidente per malattie metaboliche come il diabete di tipo 2 e l’obesità. Il nostro modello sociale che ci spinge a essere attivi h24 induce a ridurre le ore di sonno a favore di quelle di attività, e questo porta a una marcata alterazione delle oscillazioni ormonali che regolano il metabolismo”.
Molti studi hanno dimostrato che la riduzione delle ore di sonno aumenta il rischio di sviluppare diabete di tipo 2, influenzando il modo in cui il nostro corpo processa il glucosio. L’utilizzo del glucosio è maggiore durante la veglia, mentre è più basso durante il sonno quando il metabolismo cerebrale del glucosio è rallentato e la captazione del glucosio da parte dei neuroni è ridotta del 30-40% rispetto allo stato di veglia. La deprivazione di sonno, anche parziale ma ripetuta nel tempo, o la compromissione della qualità del sonno con ripetuti risvegli durante la notte, modificano il metabolismo del glucosio e la secrezione di insulina, portando chi dorme meno di 6-7 ore per notte a un rischio maggiore di sviluppare il diabete.
Altri studi hanno anche messo in relazione un insufficiente riposo con l’aumento di peso: le persone che dormono abitualmente meno di 6 ore per notte hanno un indice di massa corporea (Bmi) più alto della media. Durante il sonno, il nostro corpo secerne ormoni che aiutano a controllare l’appetito e il metabolismo energetico. “Dormire poco – ricordano gli esperti – porta a uno squilibrio di questi e altri ormoni: è associato, ad esempio, a livelli più bassi di leptina, l’ormone che indica al nostro cervello di aver mangiato abbastanza cibo, e a livelli più alti di grelina che invece stimola l’appetito, con il risultato di avere più appetito e favorire il consumo di cibi ad alto contenuto calorico. Una persistente alterazione del ritmo sonno-veglia è quindi un fattore di rischio per malattie metaboliche al pari di inattività e una dieta sbilanciata”.
“La relazione tra malattie metaboliche e sonno è complessa e merita l’attenzione clinica degli endocrinologi e un approccio multidisciplinare – conclude Garofalo – Grazie a quello che già sappiamo, bisognerebbe aumentare gli studi che portino a nuovi approcci preventivi e terapeutici contro obesità e diabete di tipo 2 basati sull’aumento della qualità e quantità di sonno e, in un certo senso, dando ragione all’antico detto popolare ‘dormi che ti passa’”.(Adnkronos)
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