Germania, la crisi di Angela Merkel: tre scenari

Esteri

Milano 22 Novembre – Per la prima volta nella carriera politica di Angela Merkel e soprattutto nella storia della Bundesrepublik, la formazione di un governo, anche dopo mesi di trattative per una grande coalizione, è fallita dopo la chiamata alle urne delle Legislative del 24 settembre 2017 e la cancelliera tedesca è andata a informare il capo di Stato Frank-Walter Steinmeier. Da qui il terreno diventa ignoto e molto scivoloso: la Germania rischia, con un percorso intricato, di tornare a votare per il prossimo esecutivo, come sembra volere soprattutto la destra – non solo quella dei liberali (Fpd) che hanno rotto gli indugi sui negoziati litigiosi, ma pure quella interna all’Unione dei cristiano democratici (Cdu-Csu) –, anche se tecnicamente non è l’unica soluzione possibile alla coalizione giamaica naufragata con Verdi e Fpd.

IPOTESI GROßE KOALITION. In extremis potrebbe ancora formarsi un governo con i socialdemocratici (Spd): loro continuano a escluderlo con forza, ma un pressing di Steinmeier, socialdemocratico in versione Giorgio Napolitano che richiama tutti alla responsabilità, potrebbe aprire degli spiragli. Merkel potrebbe anche guidare un esecutivo di minoranza Cdu-Csu con i liberali e l’appoggio dei Verdi o, meno verosimilmente, con le parti invertite. Il risultato sarebbe lo stesso: un governo fragile, come mai a Berlino si era avuto. I tedeschi senza stabilità politica sono come gli italiani fuori dai Mondiali di calcio: tutti pensavano che, alla fine, ce l’avrebbero fatta come sempre e invece la notte delle trattative saltate ha catapultato anche la Germania nelle sabbie mobili. Comunque vada, il Paese non sarà più un faro di solidità per l’Ue con una cancelliera già dipinta «in declino».

1) Nuove complicate elezioni in primavera

Con un’enfasi per alcuni azzardata, Merkel ha definito un «giorno storico» la sua sconfitta nei colloqui. Come gli altri leader dei partiti, tutti in riunione, la cancelliera uscente ha iniziato frenetiche discussioni con i vertici della Cdu e il ramo bavarese più conservatore della Csu. Ma soprattutto ha aperto consultazioni con il presidente della Repubblica, che come in Italia ha un ruolo di garante delle istituzioni e di punto di riferimento per le crisi politiche. Dal parere di Steinmeier, a questo punto, devono arrivare le linee guida: se alla fine il capo di Stato tedesco – sentite tutte le forze politiche coinvolte – riterrà anche lui più opportuno far tornare il prima possibile alle urne resterà in carica, in via eccezionale, l’esecutivo uscente in proroga di mandato dall’ottobre scorso.

I VINCOLI COSTITUZIONALI. Ma siccome in Germania, come in Italia, per Costituzione sulle schede non si sceglie un cancelliere ma un partito, che deve suggerire al capo di Stato un candidato cancelliere e farlo votare in parlamento, il percorso verso nuove Legislative non è immediato. Per procedura, prima occorrerà presentare la riconferma di Merkel al Bundestag ma senza una maggioranza anche semplice (la metà dei deputati), è molto probabile che per la prima volta nella storia della repubblica tedesca un cancelliere non sia eletto al primo turno. A questo punto, in mancanza di altri candidati, «entro tre settimane» Steinmeier potrà dichiarare sciolta l’Assemblea legislativa e poi, «entro 60 giorni», rimandare i cittadini a votare. La Germania potrebbe votare in primavera, come l’Italia.

2) Una nuova grande coalizione di convivenza forzata

L’alternativa a elezioni anticipate che potrebbero portare ancora più voti all’estrema destra xenofoba e nostalgica del Reich di AfD, terzo partito in parlamento con 92 seggi, è l’ennesimo governo di unità nazionale con la Spd. Il leader Martin Schulz, sconfitto con il minimo storico dei socialdemocratici (20,5%), non ne vuole sapere e con lui sta compatta tutta la nuova dirigenza, convinta che proprio il voto choc dell’autunno abbia «decretato la fine delle grandi coalizioni». Il discorso che ha in programma Schulz sulla crisi mira a gettare le basi per un nuovo inizio «all’opposizione» del partito: ricostruire da zero il programma dei socialdemocratici sui temi della sinistra, dopo anni di ricorsa a destra della Cdu-Csu di Merkel che ha eroso i consensi della Spd.

PRESSING SULLA SPD. Ma un’ala del partito, la vecchia guardia del vice-cancelliere uscente e ministro della grande coalizione Sigmar Gabriel e, dietro le quinte, l’ancora potente ex cancelliere Gerhard Schröder (il Blair tedesco che avviò la corsa della Spd verso il centro e le dottrine liberiste) richiamano alla ragione e potrebbero trovare come alleato il presidente Steinmeier, il più alto servitore dello Stato che ha esortato a «formare un governo». Sulla carta un nuovo esecutivo rosso-nero, dai colori simbolo dei partiti di Schlulz e Merkel, avrebbe una maggioranza più forte (399 seggi su 709) rispetto a quella della tentata alleanza giamaica: la cancelliera uscente è per la stabilità, più volte ha teso la mano alla Spd, senza risposta. Ma dopo il no dei liberali alla coalizione, le accuse di «grave irresponsabilità politica» passano ai socialdemocratici e una loro spaccatura interna può portare il segretario Schulz e i suoi vice alle dimissioni: un caos.

3) Un governo di minoranza pronto a saltare

La via per la quale Merkel sembrava più propensa, affermando «che la Cdu-Csu è pronta ad assumersi le responsabilità di un governo», era un esecutivo di minoranza con uno dei partiti dei negoziati. Ma la medesima, constatandone le estreme difficoltà, ha poi precisato di «preferire guidare il Paese a nuove elezioni». Alleandosi con i liberali, che assieme ai bavaresi della Csu si sono scontrati con i Verdi sull’accoglienza dei richiedenti asilo e i ricongiungimenti familiari, a Merkel verrebbero meno 29 seggi per la maggioranza al Bundestag. Dovrebbe raccoglierli con l’appoggio esterno dei Verdi, che salterebbe però su temi chiave del programma dell’Fpd come il contenimento dei flussi, ma anche la spinta all’industria a svantaggio delle politiche ambientali. Di volta in volta la cancelliera sarebbe costretta a chiedere il sostegno a diverse forze parlamentari.

MERKEL SOTTO RICATTO. Il pellegrinaggio potrebbe spingere il debole governo Merkel IV anche ad appoggiarsi di tanto in tanto ai voti a due deputati fuoriusciti da AfD, l’ex leader FraukePetry e l’alleato Mario Mieruch in via d’adesione all’appena fondato Partito blu, sulla falsariga del Front national francese di Marine Le Pen. Più vicina alle politiche ambientali e anche d’accoglienza dei Verdi, la cancelliera vivrebbe sotto il costante ricatto dei liberali e dell’ala destra della Csu, oltre che di patti inconfessabili con Petry. Ma un suo esecutivo di minoranza con i Verdi sarebbe ancora più fragile con 42 seggi mancanti, da conquistare tra la Spd con politiche di sinistra, quasi un’utopia. Se Verdi e Fpd insieme hanno fatto saltare le trattative, come potranno mai non far saltare un governo?

Barbara Cioll (Lettera 43)

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