I centri sociali gestiscono la mensa per extracomunitari, ma senza alcun permesso igienico-sanitario né tantomeno fiscale.
Milano 22 Novembre – Per cena si può scegliere tra due primi e due secondi. Pasta al ragù o pasta e fagioli, polpette al sugo o frittata con patate. Il prezzo? Dieci euro. No, non siamo in uno dei tanti ristoranti vicino al centro che fanno menù a prezzo fisso per chi lavora negli uffici vicini. Ma negli ex bagni pubblici di via Esterle 15, occupati abusivamente lo scorso febbraio da decine di profughi sotto la regia della rete antagonista “Noi ci siamo”. Altro che centro d’accoglienza autogestito, i compagni fanno business in un edificio comunale grazie al servizio cucina riservato ai migranti. Un ristorante di lusso visti i prezzi, ma senza alcun permesso igienico-sanitario né tantomeno fiscale.
Ci sono ancora padelle sporche e piani sparsi. Un frigorifero, un microonde e due bombole del gas appoggiate a terra. I fornelli, dietro la tendina che separa l’angolo cottura dal salone del piano terra, sono pieni di incrostazioni. C’è anche un cartello che indica la “cassa”. Nello stesso corridoio, poi, ci sono tre stanze, tutte occupate da giovani africani che girano con le ciabatte ai piedi e lo smartphone in mano.
«Io vengo dal Mali e sto andando al lavoro», spiega uno di loro uscendo in bici, col cesto delle consegne a domicilio fissato sul portapacchi. Gli altri non parlano. E nel silenzio si sente il pianto di un bambino. «Non abbiamo bisogno d’aiuto, andate via. Per entrare qui dentro dovete chiedere al responsabile. Lì c’è il suo numero». Su un foglio attaccato alla parete c’è il nominativo di Carlo. Lo chiamiamo. «Questi migranti sono qui perché non hanno spazio nei centri d’accoglienza», taglia corto senza dare spiegazioni. Poco importa che tutto sia illegale. Comprese le cene. «Non è vero, non c’è nessun cartello coi prezzi», prova a difendersi.
Proseguendo il tour nell’edificio, spuntano brandine ovunque. Due materassi stesi a terra su un pianerottolo, in mezzo a bici aggrovigliate e panni stesi ad asciugare. Altri giacigli al piano sotterraneo, dove aumenta il degrado. In fondo, all’interno di un’enorme stanza, ci sono altre due persone che dormono, avvolte nelle coperte. Attorno, decine di letti d’ospedale accatastati, materassi, ma anche televisori, radio e stampanti.
«Alle attività come la mia fanno mille controlli, perché invece loro possono occupare e fare servizio ristorante senza alcun permesso? La situazione è sotto gli occhi di tutti. E qui siamo costretti a vivere con la paura. Tanti miei clienti anziani sono stati aggrediti e scippati per strada», spiega Luigi Sardella, presidente della bocciofila Caccialanza di via Padova, proprio di fronte all’imbocco di via Esterle. Chi abita da queste parli non si sente per niente sicuro. «Occupare è un reato. All’interno di questo edificio non sappiamo chi entra né chi ci vive. E nel giardinetto qui affianco abbiamo trovato anche delle siringhe usate. Le istituzioni dove sono? Il sindaco Sala parla di periferie, ma qui non ci è mai venuto», protesta un signore.
«La situazione è vergognosa: un immobile comunale che potrebbe essere destinato a importanti servizi del territorio viene scandalosamente lasciato a centri sociali che sfruttano gli immigrati clandestini per i loro messaggi politici e forse anche economicamente, come sembra risultare da alcuni prezzari su pranzi e cene nello stabile. Invece di offrire servizi per la comunità si alimentano affari nell’illegalità”, attacca Silvia Sardone, consigliera comunale di Forza Italia. Dello stesso avviso Otello Ruggeri, coordinatore azzurro nel Municipio 2: «Evidentemente manca la volontà politica di restituire ai milanesi un bene che è di tutti loro e gli è stato sottratto». A sinistra la cassa e i fornelli dentro il palazzo occupato di via Esterle; sopra un immigrato dentro la zona «scuola»; sotto il portoncino di ingresso dell’edifcio occupato abusivamente da stranieri e antagonisti LSanvitol
Massimo Sanvito (Libero)
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