Caro Pao, sui miei muri la tua non è arte, ma vandalismo

Milano

Milano 24 Novembre – In una lunga ed agiografica intervista rilasciata a Repubblica il noto (?) writer Milanese ci ha anche lasciato la sua elevatissima opinione di penalista comparativista ed internazionalista. D’altronde, come mi aveva avvisato alla prima lezione del primo anno il mio immortale professore di Diritto Romano, avv. Garofalo, “avete scelto una facoltà alla fine della quale sarete costretti a confrontarvi con muratori e casalinghe, perché in questo paese chiunque si sente in grado di parlare di diritto”. Ed aveva, come sempre, ragione. Quindi, il chiarissimo ed esimio prof. Pao, ci dice che il carcere per chi imbratta è una enormità, perché la proprietà privata è un mostro cui tutto si sacrifica, inclusa la sua libertà di espressione. Poverino. Mentre leggevo avevo le lacrime agli occhi. Al massimo una multa. Oppure, ma qui penso si sia sentito ingiustamente draconiano, i servizi sociali. In cui ripara al danno. Come? Con altri disegni, su altri muri. Interessante. Come se per lavare i pavimenti si usasse lo strutto. Un genio, insomma. Però io vorrei affrontare il punto centrale: la proprietà privata è davvero secondaria al presunto diritto di scrivere sui muri?

Questa è una domanda filosofica, innanzitutto. Ma con enormi ricadute pratiche. Se la libertà di espressione include i disegni artistici di Pao che cosa, esattamente, esclude dalla definizione i graffite delle bande di strada? I cosiddetti Tag, per capirci. Perché, se vogliamo essere precisi e puntuali, è una forma espressiva ben più calzante. Cosa comunica più di te se non scrivere “ehi, mondo, guardate che io, che tutti ignoravate ed a cui poco o nessun valore attribuivate, sono stato qui. E per giorni, settimane, talvolta mesi ed anni, sarete costretti a notarmi. Ed io uscirò dal cono d’ombra per finire nella pozza di luce. E no, anche se mi cancellerete, al contrario della vita reale, non sarà per sempre. Io tornerò e rifirmerò”. Questo è un Tag. Pao disegna pinguini. Male, se me lo consentite.

Ecco, se accettassimo la visione di Pao, i vostri muri sarebbero delle gang di strada. I suoi graffiti verrebbero coperti, anche rapidamente, dai Tag, dalle ingiurie, dai cori da stadio. Oppure i suoi pinguini dovrebbero godere di particolari immunità? No, perché a me dà l’idea che il grande problema sia una sottile patina di ipocrisia che mira a proteggere Pao dal mondo reale e contemporaneamente escludere gli altri universi paralleli dal suo. E tutto, ovviamente, coi muri degli altri.

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