Caccia all’interprete: per parlare con i profughi alla Prefettura ne servono 77

Milano

Dal Souson al Wolof richiesti anche traduttori per i  37 dialetti rari.

Milano 15 Dicembre – Se qualcuno tra i nostri lettori possiede una laurea in Lingue e sta cercando lavoro, questa potrebbe essere la vostra occasione. Sperando abbiate dimestichezza con l’idioma pashtu o lo swaili, il tamil o il punjabi. In alternativa, si spera abbiate dimestichezza almeno con il tigrino o l’urdu. Sono alcune delle 40 lingue ufficiali che è necessario praticare per essere selezionati dalla Prefettura di Milano in qualità di interpreti o traduttori, a supporto dell’attività della Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale.

Per candidarsi c’è tempo fino alle 12 di oggi, 15 dicembre e, in caso di riscontro positivo, si comincerà a lavorare dal 1 gennaio 2018 fino al 31 marzo – fatto salvo il ricorso all’opzione di proroga (revista dall’art. 106 c. 11 del D.Lgs 50/2016 sino e non oltre il 30 giugno 2018). Si tratta di 4.607 ore presunte di servizio e il prezzo a base d’asta è di 27,50 euro all’ora, IVA esclusa, per un valore complessivo presunto dell’appalto di 304mila euro circa per sei mesi. Saranno riconosciute solo le ore di lavoro debitamente documentate e rendicontate.

Ai candidati è richiesta la capacità di tradurre testi scritti e di praticare attività di interpretariato in consecutiva (si tratta di ascoltare l’interlocutore per una certa quantità di tempo per poi riassumerne il messaggio durante la traduzione orale). L’obiettivo è quello di acquisire quante più informazioni possibili sui Paesi d’origine dei richiedenti asilo e agevolare l’Autorità Territoriale durante le audizioni o le interviste, per meglio valutare le richieste d’asilo. Questo tipo di attività verranno svolte nella sede di via Gioia 72.

Oltre alle lingue ufficiali c’è richiesta anche per una vasta gamma di dialetti, quali akan, bahari, djula, fiilah, wolof e mandingo, per un totale di 37. L’importante è non far parte della tribù nemica dell’eventuale interlocutore, di un gruppo religioso in aperto conflitto col suo o non ci siano differenze di casta o clan con le persone con le quali si dovrà entrare in contatto. L’elenco comprende anche idiomi più comuni, tra cui albanese, arabo, cinese, francese e russo oltre alle due varianti dialettali del curdo (siriano e turco).

Critico Alessandro Morelli (Lega Nord): «Sono sicuro che la prefettura agisca con le migliori intenzioni, ma bisognerebbe capire quante di  quelle lingue siano parlate da persone provenienti da Paesi in guerra, e quindi aventi diritto a essere accolti. Inoltre, se questi individui avessero voglia di integrarsi, potrebbero imparare non dico l’italiano, ma almeno l’inglese. Il sospetto è che ci sia anche la volontà da parte loro di non farsi capire. Dispiace vedere risorse impiegate in questo modo, d’altronde siamo governati dal Pd sia a livello nazionale che a livello locale».

Per Fabrizio De Pasquale (Fi) «Se gli interpreti possono servire a velocizzare i tempi di esame delle richieste, al fine di accettare i regolari e espellere chi non ha diritto a essere accolto, ben venga. Se invece è l’ennesima iniziativa per evitare che le persone si integrino, sarà la ripetizione del fallimentare modello di accoglienza del Pd».

Andrea Cappelli (Libero)

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