Il racconto di Massimo Lo Russo che in via Maestri Campionesi si è visto passare davanti una sfilza di mezzi senza la pedana prima di poter salire a bordo
Milano 21 Dicembre – Un’ora alla fermata della 92, in via Maestri Campionesi. Zero gradi. Congelato e mortificato. Aspettando il filobus “giusto” che non arriva. «A un certo punto è uscito anche il signore del bar all’angolo, mi ha visto ghiacciato, avevo le mani viola e bordeaux». Massimo Lo Russo ha 47 anni, da 30 può spostarsi solo su una sedia a rotelle. Dopo un tuffo sbagliato, combatte contro le barriere architettoniche. Per lui il filobus “giusto” è semplicemente quello più nuovo, non per capriccio ma perché ha il pianale ribassato che gli permette di salire. Ieri, c’è voluta un’ora. «Io sono arrivato alla fermata alle 10,10 e per la prima mezz’ora sono passati solo mezzi vecchi con i gradini», racconta Massimo. Poi passa finalmente un filobus, di quelli recenti. «Ma a bordo c’era già un altro disabile e c’è spazio solo per uno, io ho provato a spiegare all’autista che stavo gelando, a chiedergli se potevo salire comunque tanto la mia sedia a rotelle è autobloccante, ma mi ha detto che non poteva farlo e di chiamare la centrale».
La chiama «un’eutanasia sociale», Massimo, questa vita di attese estenuanti di mezzi pubblici accessibili a tutti, che non arrivano. «Chi cammina può entrare in tutti i mezzi, chi è in sedia a rotelle deve aspettare un’ora: per me è apartheid». Tutti i giorni, una lotta. Di nervi, fisica e d’animo. Anche ieri. Alle 10,40 Massimo si attacca al telefono. Una, due, tre chiamate al servizio clienti. Sempre al freddo dell’asfalto di una mattinata di inverno. Dopo poco risponde qualcuno, gli chiamano un responsabile: «È stato molto gentile, si è scusato dicendomi che sono rientrato in una “bolla d’orario” sfortunata con un mezzo nuovo dopo quattro vecchi. E che i nuovi mezzi ci saranno ma arriveranno nel 2021». Ma io intanto che faccio? Alle 11,10 arriva prontamente sul posto una squadra di Atm. E si risolve così: un filobus in arrivo che in realtà era una 91 diventa una 92 «e siamo andati». Ma è stata dura. Massimo è partito da via Rutilia alle 9,30. Ha preso la 34 in viale Ortles, è sceso in piazzale Bologna, ha preso la 84, è sceso in Maestri Campionesi. Qui la grande attesa. È arrivato in via Conte Rosso al 5, per una pratica burocratica alle 12,10. Quasi tre ore per otto chilometri. «Perché io ho un carattere forte ma penso alle mamme col passeggino o agli anziani col girello: uno si scoraggia e si chiude in casa». La 92 la prende spesso, e anche la 95, stessa solfa. Sul 3 c’è un mezzo nuovo ogni due vecchi. «Io uso moltissimo il 24 e ho fatto una battaglia: ora ho due mezzi nuovi ogni quattro». Filobus e tram sono i due mezzi più arretrati sul fronte dell’accessibilità. Ci sono 235 tram ancora con gradini e la metà dei filobus è vecchia. «Per andare da un parente devo pensare a uno o due percorsi alternativi: ci si vanta di Milano, ma nella quotidianità non c’è da vantarsi». Atm, interpellata, fa sapere di essere dispiaciuta per quanto accaduto. E sottolinea come il nuovo vertice abbia massima attenzione al tema: in particolare la scorsa estate sono state lanciate due gare che si chiudono a breve proprio per 160 nuovi mezzi tra filobus e tram, investimenti che si vedranno nel prossimo triennio. Ci vuole però ancora del tempo. *
Ilaria Carra (Repubblica)
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