Rifiuti, calcinacci e incuria anche in Galleria: i segreti del Salotto

Milano

Milano 22 Dicembre – Il lato oscuro della Galleria Vittorio Emanuele II è una scala adibita a deposito di acque minerali da uno dei ristoranti più chic della città. È un androne in cui gli addetti alle pulizie richiamano all’ordine coppie furtive. È una terra di nessuno dove gli appartamenti privati non esistono più, gli esercizi commerciali si sono allargati, ma chiunque può intrufolarsi fino alla soglia di una suite dell’hotel cinque stelle lusso. Basta passare dal retro.

Dietro le quinte del salotto di Milano luci natalizie, vetrine e tavoli imbanditi lasciano il posto a cumuli di rifiuti, edifici fatiscenti, scale malconce. Il viaggio del Corriere comincia da via Silvio Pellico 8. Tra gli ingressi del Town House Hotel e del Banco di Brescia, un arco conduce a un cortile trascurato. All’entrata risaltano i citofoni bianchi, i cognomi scomparsi degli abitanti degli appartamenti che furono concessi dal Comune a prezzi agevolati, prima del caso Affittopoli. Oggi, stando al Demanio, ne resta solo uno, a cui va trovata destinazione. Il 69 per cento dei 55 mila metri quadri di spazi in Galleria, dal 2008 in poi, è stato riqualificato e riassegnato al commerciale, assorbendo le superfici abitative. I canoni sono stati adeguati. Ornella R., artigiano, paga ad esempio 256 mila euro l’anno per 310 metri quadri, in linea col mercato. Dieci anni fa residenti privilegiati avevano invece ottenuto 34 metri quadri a 948 euro l’anno. «Gli spazi sono stati messi al bando con basi d’asta stabilite sulle stime dell’Agenzia del territorio», dicono dal Demanio.

Tra muri scrostati, il primo varco in via Pellico 8 introduce a una scala di servizio che sale nelle retrovie del ristorante Ottagono e dell’albergo di lusso. Al primo piano, una sorpresa: sedie e casse di acqua minerale fiancheggiano due tavoli sui quali vengono appoggiati dai camerieri i piatti sporchi in attesa di essere lavati.

Al terzo piano la porta antincendio si apre dall’esterno: gli ingressi delle stanze dalla 318 alla 328 sono a portata di estraneo. C’è anche una telecamera. Tornati nel cortile, a sinistra, si salgono i gradini sul retro delle suite Seven Stars dell’hotel e della mostra «Il mondo di Leonardo». Ascensore ultimo modello e sensori antifumo nell’unica stanza abitabile all’ultimo piano. La sopravvissuta. Sul percorso per raggiungerla compaiono messaggi su fogli A4 appesi sui muri. Non si sa se rivolti a clienti o a estranei. «Fare sesso è lecito, pulire è cortese. Sei pregato di buttare il profilattico. O prenderemo provvedimenti», avvertono gli addetti alle pulizie. Un altro avviso, firmato da «Il mondo di Leonardo», intima di «non fumare marijuana nella tromba della scale. Il fumo viene aspirato all’interno dell’hotel e della mostra». Non si esclude, inoltre, la denuncia alle forze dell’ordine.

Al numero 6 un cantiere si alterna a un’ala già ristrutturata. Qui gli Amici del Loggione, ultima associazione ospite nel Salotto, convivono con uffici comunali, che in tutto occupano il 28 per cento degli spazi in Galleria.

Dall’altra parte, in via Foscolo 3, ritornano le targhette dei citofoni senza cognomi. L’ingresso è lurido: mezzo guanto di lattice, escrementi di piccioni, mozziconi di sigarette — nonostante il divieto di fumo — sulla scala a sinistra, il retro del Mercato del Duomo.

Al civico 5 c’è un custode. La sera, è l’unico stabile che serra il portone. Qui coabitano retrobotteghe, uffici di polizia locale e di servizi sociali. È il cortile più decoroso, ma un anno fa il Comune aveva preteso più attenzione dai ristoratori nel «deposito e smaltimento dei rifiuti».

Luca Salvi (Corriere)

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