Un racconto di Natale: “Le sorelle”

Cultura e spettacolo Le storie di Nene

Milano 25 Dicembre – Nel  mese di ottobre del ’26 morì anche mamma Angela. Papà Alberto era morto il 4 novembre nel 1917, durante la presa di Gorizia, meritando la medaglia di bronzo al valore.

Ero abituata a giocare con Luisa, mia sorella, nel pollaio, con i noccioli delle pesche, alcune scatole di latta e una bambola di pezza per tutte due. A scuola imparavamo poesie e canzoni. Nel pollaio ricantavamo a squarciagola poesie e canzoni, spaventando le poche galline e le oche. Era un mondo contadino, semplice, vero, generoso. Con Luisa eravamo sorelle, amiche e ci volevamo un bene immenso.

Dopo la morte dei genitori, ci divisero. Io fui affidata alla zia Enrichetta e Luisa andò con lo zio Nando. Guardavo la casa nuova, ordinata, pulita con la madia piena di pane, un vassoio con i cachi, le mele, le pere. Volendo, potevo mangiare in ogni momento, anche al pomeriggio, anche il salame, diceva la zia. Non avevo mai visto tanta ricchezza, così, messa su un mobile, a disposizione.  Quell’abbondanza mi intimidiva, mi rendeva un po’ ansiosa. Io non osavo mangiare fuori pasto, mi sembrava dirubare. Ma il salame mi piaceva tanto e pensavo “Chissà se Luisa ha il salame nella nuova casa?”

La zia Enrichetta era molto brava nel cucito e mi aveva fatto un bel vestito grigio e una sciarpa rossa ed io pensavo “Chissà se a Luisa hanno fatto un vestito nuovo?”

C’era un patto tra di noi: alla sera lungo un fossato che delimitava il campo, avremmo fatto cento passi per essere più vicine. Il vento, chissà, avrebbe portato i pensieri dall’una all’altra, prima del sonno. Quando la nostalgia mi mangiava il cuore, facevo duecento passi e pensavo ad alta voce tutto il mio desiderio di rivederla. Una volta Luisa era riuscita a scappare, ci eravamo incontrate sotto il ciliegio grande, di nascosto, con quella gioia che non ti fa respirare, che annulla il tempo, che riempie il cuore. Zia Enrichetta si chiedeva perché, con il freddo e la nebbia, ogni sera io uscissi per ritornare poco dopo. Mi voleva bene e una sera mi seguì, senza essere vista. E finalmente capì la mia infantile convinzione, scoprì il patto, avvertì la mia angoscia.

Il freddo a dicembre, in campagna, può spezzarti il cuore e la nebbia disegnare immagini irreali, proiezione dei nostri desideri. Da giorni parlavo con Luisa, lungo il fossato. Una sera avevo contato anche trecento passi. Le dicevo “A Natale scappiamo, troviamoci sotto il ciliegio grande, ti porterò un regalo”. Ero sicura che mi sentisse, ero sicurissima che pensasse la stessa cosa. Ragionavo: se ogni giorno avessi mangiato tre fette di salame, oggi avrei mangiato un salame. E così, la sera della vigilia, presi un salame, dal solaio, tra quelli appesi a maturare. Lo avvolsi nella carta del giornale e mi incamminai verso il ciliegio grande. Aspettai, aspettai fino ad addormentarmi, con quella nebbia che inumidiva senza bagnare, con quel silenzio totale, fuori dal mondo.

Mi riportarono a casa, senza un rimprovero, con dolcezza. E fu un Natale pieno di sorprese: Luisa arrivò a mezzogiorno, mangiammo insieme, anche il salame. Gesù Bambino era stato generoso: aveva portato in regalo una bambola a me e una bambola a Luisa. Giocammo tutto il pomeriggio con due bambole, una bionda e una con i capelli castani.

Da “Racconti di Natale” di Nene Ferrandi

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