Milano 2 Gennaio – Le prenotazioni sono già esaurite da tempo, le code alla biglietteria si formano ogni giorno. La mostra «Dentro Caravaggio» aperta fino al 28 gennaio ha toccato quota 250 mila visitatori in tre mesi, portando il Palazzo Reale di Milano — che la ospita — al milione di ticket staccati nel 2017. Chi non si è garantito l’ingresso programmato si mette in fila anche per quattro ore. Una folla di entusiasti che, talvolta, ha richiesto persino l’intervento della polizia locale per riportare l’ordine. Il critico d’arte Vincenzo Trione e una giovane visitatrice raccontano il fascino della mostra.
Il critico d’arte: «Rigore e spettacolo»
Vincenzo Trione, 45 anni, insegna Arte e media e Storia dell’arte contemporanea all’Università Iulm di Milano. La notizia è che anche in Italia è possibile saldare ricerca seria e successo popolare. Caravaggio nelle sale del Palazzo Reale di Milano è un appuntamento imperdibile. Una mostra rigorosa e formativa, fondata su una campagna prestiti nella quale sono stati coinvolti alcuni tra i più importanti musei italiani e stranieri. Un’esposizione filologicamente ineccepibile ma anche (misuratamente) spettacolare. Ne è curatrice Rossella Vodret, una storica dell’arte che da anni sta studiando i quadri di Caravaggio, affidandosi ad approfondite indagini diagnostiche e a nuove investigazioni archivistico-documentarie, che hanno contribuito a ridefinire la cronologia degli anni giovanili dell’artista. Diversamente da quel che spesso avviene nei (falsi) eventi dedicati a Caravaggio, in mostra ci sono non tele di dubbia autografia o di allievi più o meno diretti, ma opere di paternità certa. Esaltato da un allestimento sobrio, l’itinerario delineato è cronologico. Ciascuna tela viene iscritta in un proprio «spazio», dietro cui si trovano schermi sui quali si ripercorre il processo poetico, compositivo e realizzativo di Caravaggio: i ripensamenti, le inquietudini, i riti, i rimandi, gli artifici, i trucchi, le trovate. Una scoperta unica. Finora il pubblico non aveva avuto la possibilità di andare sotto la pelle dei capolavori caravaggeschi. Gli strumenti tecnologici, dunque, sono utilizzati per aiutare a decifrare le intenzioni nascoste nelle pieghe di una macchina visiva di rara complessità iconografica e simbolica. Redatte con attenzione critica, le schede poste accanto ai quadri svelano le relazioni tra Caravaggio e le città dove si trovò a transitare; i suoi rapporti con i potenti dell’epoca e con il mondo ecclesiastico; gli intrecci tra dimensione poetica e dimensione biografica (incontri, frequentazioni, amori). Ci piacerebbe che esperienze espositive simili facessero scuola in un Paese come il nostro, dove troppo spesso le amministrazioni locali preferiscono ospitare mostre superficiali, furbe e raccogliticce, importate da fondazioni o da musei stranieri.
Giulia Tagliabue, 22 anni, studentessa di lingua tedesca, inglese e giapponese a Como
Giulia: «Io, in coda per ore»
«Controverso, pazzo, fuori dagli schemi». Giulia Tagliabue, 22 anni, descrive così Caravaggio. Tre definizioni del pittore, una per ogni ora di attesa che ha davanti prima di entrare a Palazzo Reale. Il traguardo è l’ingresso alla mostra dedicata all’artista «bello e dannato». Rossetto scuro e sciarpa pesante al collo per proteggersi dal freddo, si accoda con il suo ragazzo alle 2 di ieri pomeriggio, nonostante gli addetti alla sicurezza invitino a riprovare verso sera, quando la folla si dirada, e non sappiano nemmeno quantificare il tempo esatto per guadagnare lo scalone d’onore («sicuramente ore») . «Perché ho deciso di mettermi in fila? Amo l’arte, quando sono in viaggio cerco sempre i musei. Anche se mi occupo di tutt’altro…». Studia tedesco, inglese e giapponese a Como, da dove è partita diretta all’esposizione «Dentro Caravaggio». È una delle 2 mila persone che ogni giorno dal 29 settembre sgomita per vedere da vicino le opere di Michelangelo Merisi. Code da concerto di una rockstar e prenotazioni online tutte esaurite non l’hanno scoraggiata, «mi avevano avvisato gli amici già venuti nei mesi scorsi. Anzi sono contenta che la mostra abbia tutto questo successo, è un segnale positivo, vuol dire che la gente ha ancora voglia di investire il proprio tempo nell’arte». I minuti passano e diventano ore, le lancette dell’orologio nel cortile interno di Palazzo Reale procedono. Il serpentone un po’ meno. I «prenotati» e i gruppi con la guida hanno la precedenza sulla massa degli ultimi arrivati, che mostrano insofferenza e parlano di «terzo mondo museologico» e scarsa organizzazione. Tutti pazzi per Caravaggio. Come mai? «Secondo me — risponde la ragazza — ha un fascino particolare che lo distingue da tutti gli altri artisti della sua epoca. Non era il classico pittore che faceva solo immagini sacre e un po’ eteree, si immergeva nel profano. I suoi modelli erano persone del popolo». E ancora parla della luce e del gioco di ombre che affascina a distanza di secoli. Sono quasi le 5, il sole sta calando. Lo steward dà l’ok a far passare altri dieci verso la biglietteria. Giulia sorride e sale le scale. (Corriere)
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