Milano, 31 dicembre 2017 – Gli ‘zombie’di Rogoredo, il “set horror” di Certosa, la desolazione di Porta Romana e la rinascita solo parziale di Lambrate. Ricordi flash di un viaggio non proprio piacevole fra le stazioni milanesi del servizio ferroviario suburbano. Sono 21 in città, ne abbiamo visitate quattro: quelle dove più il cuore «si spaura». In testa all’ingloriosa classifica c’è il capolinea meridionale del Passante: Milano
Rogoredo Fs. Di giorno i passeggeri sono tanti. Sui 13 binari transitano i treni delle linee suburbane S1 Lodi-Saronno, S2 da Mariano Comense, S13 Bovisa-Pavia. A Rogoredo ci sono bar, supermarket, biglietteria e sala d’attesa, un presidio della polizia ferroviaria. Ma anche i tossici questuanti che raccolgono moneta prima di dirigersi al «boschetto della droga». Di giorno, cercano di non dare nell’occhio. Ma di sera i pendolari diminuiscono e i rapporti di forza cambiano. Sulle banchine, dopo le 20, le persone perbene stanno tutte rintanate nel sottopassaggio. Giulio Negrini, pendolare, spiega perché: «A una certa ora scatta il coprifuoco. La richiesta di spiccioli può diventare aggressiva. C’è chi si presenta col cane senza guinzaglio, come a voler forzare la mano per raccattare denaro. Chi finisce tardi di lavorare, come il sottoscritto, preferisce non stazionare sulle banchine. Per logica, di sera, i controlli delle forze dell’ordine dovrebbero essere intensificati. Succede il contrario…». Enrica Pagliero, ballerina professionista, è preoccupata: «Me l’avevano detto che Rogoredo era pericolosa, ma non pensavo a questi livelli. Nel mio Piemonte nelle stazioni più importanti c’è il presidio di militari o Polfer. Qui non vedo nessuno. Le donne hanno paura».
Come ce l’hanno a Milano Certosa, nord ovest della città, sulle linee S5 Novara-Treviglio, S6 Varese-Treviglio e S11 Chiasso-Rho. Una struttura perfetta per un film dell’orrore. «L’illuminazione è carente», sospira Lucia Zanini che lavora all’ospedale Sacco. Tutto sembra allestito ad hoc per creare l’«effetto angoscia»: il suono dei propri passi che rimbomba nei cunicoli sotterranei deserti; il coro dei «psst, psst», rivolto da chi siede tutto il tempo sulle panchine senza mai prendere un treno; le pochissime donne che scendono a Musocco. Né biglietteria, né sala d’attesa. I bagni sono sempre ermeticamente chiusi. Il Bar Gallo ha chiuso all’improvviso un giorno di otto mesi fa e – racconta Claudio D’Alessandro, pendolare di lunga data – «non ha più riaperto. Come tanti prima di lui. Non mi stupisce. In 17 anni ne ho viste di tutti i colori: quattro anni fa ho assistito allo scippo di un’anziana nel sottopassaggio. Ho visto la testa mozzata di un cane sui binari. La zona intorno, con i supermercati, è migliorata. Ma la stazione è terra di nessuno». A Milano Porta Romana Fs, sotto il cavalcavia di corso Lodi, mancano montascale, biglietteria, sala d’attesa, toilette. L’unico «comfort» per i pochi viaggiatori della S9 Albairate-Saronno? Due pensiline in acciaio e vetro. Disabitata come in un quadro di Edward Hopper. Lambrate, sempre S9, non è un salotto ma non è neppure l’avamposto del degrato d’un tempo, dice Andrea Nicola: «Quando ero giovane venivo avvicinato dagli spacciatori. La situazione è migliorata con la nuova stazione nel 2000». Punti di ristoro, la Polfer, una libreria. Resta la preoccupazione di sera: «Non verrei, ci sono bivacchi. Vorrei i militari qui, come in Centrale. E l’installazione di gate d’ingresso per consentire l’accesso solo a chi ha biglietto» auspicio di Alberta Ravenna. Speriamo non resti lettera morta.
Annamaria Lazzari (Il Giorno)
Milano Post è edito dalla Società Editoriale Nuova Milano Post S.r.l.s , con sede in via Giambellino, 60-20147 Milano.
C.F/P.IVA 9296810964 R.E.A. MI – 2081845