Albino cavallo d’Italia.

Zampe di velluto

Un cavallo è custodito, imbalsamato, nel museo della caserma del Reggimento «Savoia Cavalleria» a Grosseto. Si chiamava Albino, era uno splendido baio nato nel 1932, e fu affidato ancora puledro al Reggimento Savoia Cavalleria. Arruolato nonostante avesse problemi di vista a un occhio, seguì il Reggimento nella campagna di Russia del 1941-1943, culminata nella straordinaria carica di Isbuschenskij, dove si sarebbe coperto di gloria e avrebbe salvato la pelle a migliaia di soldati italiani in pericolo dopo lo sfondamento del fronte da parte delle preponderanti truppe sovietiche. Era nel 2° squadrone e montato dal sergente maggiore Giuseppe Fantini che morì in combattimento. Il cavallo rimase ferito, ma riuscì a rientrare in Italia con il Reggimento. Dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943 era dalla parte della R.S.I., inquadrato nello Squadrone autonomo Stato Maggiore Esercito e si arrese ai reparti alleati, con gli onori militari, presso il Comando di zona di Via Verdi, a Milano.

Venduto a un contadino, si ritrovò a tirare il carretto. Finita la guerra, fortunatamente il colonnello Alessandro Bettoni Cazzago, comandante del «Savoia», e il vecchio comandante del suo Squadrone il capitano Francesco Saverio De Leone, ritrovarono a Somma Lombarda alcuni cavalli appartenuti al reggimento e tra di loro riconoscono Albino, lo acquistano e lo donano al Reggimento trasferito dalla sede storica di Milano a Merano. Lì, finalmente con un po’ di serenità, Albino visse circondato da mille attenzioni in un box tutto suo, fra i carri armati. Gli faceva compagnia Mariolino, un asinello allegro e operoso, e il box era tappezzato di fotografie e letterine che i bambini gli scrivevano da varie parti d’Italia. Ancora il 24 agosto 1960, anniversario della carica di Isbuschenskij e festa del Reggimento, il buon Albino, al suono della carica, partì al galoppo piantando in asso lo sprovveduto palafreniere. Ormai orbo e indebolito dagli anni, ogni volta che sentiva uno squillo di tromba drizzava ancora le orecchie e si metteva sull’attenti pronto alla carica.  Aveva ben ventotto anni, età ragguardevolissima per un cavallo.     Morì il 21 ottobre 1960, semplicemente di vecchiaia.

Franco Anselmi
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Appena tre giorni dopo muore d’infarto anche Mariolino, l’asinello sardo con il quale Albino aveva trascorso gli ultimi anni di vita. Il colonnello Luigi Mirelli di Teora, 62° Comandante del Reggimento, fece stampare una partecipazione a lutto e numerosi giornalisti ripresero sulla carta stampata la storia di Albino. Venne imbalsamato e trovò un posto d’onore nel museo del Reparto.  Quando il Reggimento si trasferì nell’attuale sede di Grosseto, Albino si trasferì con esso.

Ecco il testo che parla di lui ai visitatori:

Io sono ALBINO nato nel 1932 assegnato da puledro al Reggimento Savoia Cavalleria 3°, ove ho imparato ad essere orgoglioso, generoso e coraggioso come tutti cavalli ed i Cavalieri che hanno avuto l’onore di servire questo Reggimento fino dal 1692. Il mio occhio cieco conserva luminosa l’immagine del glorioso Stendardo – la mia gamba lancina per la ferita da guerra: orgoglio di combattente – le mie orecchie odono sempre la tromba del CARICAT ed il grido incitatore degli squadroni al galoppo verso la morte, la gloria e la vittoria – la mia groppa porta ancora la sella affardellata ed in arcione è sempre FANTINI, il sergente maggiore che colpito a morte tenne la punta della sciabola verso il nemico in fuga – la mia memoria vive del ricordo di tutti gli eroici Cavalieri che nella leggendaria carica di Isbuschenskij scrissero col sangue la piu bella la più gloriosa pagina di Storia della cavalleria di tutto il mondo. Ringrazio il Reggimento “Gorizia Cavalleria 3°” per avermi concesso di trascorrere la vecchiaia nella scuderia del mio Colonnello Bettoni comandante ad Isbuschenskij, ed auguro “bonnes nuovelles” al Reggimento, allo Stendardo ed ai suoi cavalli corazzati.

ALBINO
Mutilato, ferito e reduce dalla Russia.

Oltre a questa storia vera, altre storie si sono scritte su Albino con alcune variazioni.

Di Michela Pugliese

Gocciadinchiostro.wordpress.com

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