Gli animali non sono giocattoli da regalare a Natale.
Il mio ultimo amico domestico si chiamava Spino, un cagnolino meticcio dal pelo di colore arancione. Al tempo vivevo con i miei genitori, nell’azienda agricola di famiglia. Ormai in pensione avevano pensato di donarsi la compagnia di questo cucciolo. Quando entrò in casa la prima volta, aveva circa un mese, impaurito, si accoccolò sul divano, alla prima carezza di mia madre, rispose leccandole le dita e subito fu affetto. Spino crebbe veloce, era un gran giocherellone, in un casa dove non si compravano alimenti per animali, stava sotto la tavola ad aspettare le ossa che gli gettavano. Per il resto della giornata, ci accompagnava nei lavori nei campi, vagando per prati e vigneti incurante della stagione, annusando di tutto, scavando e rovistando ovunque, mantenendo tutti suoi istinti primordiali. Nelle notti d’inverno si accovacciava accanto alla stufa a legna, oppure steso sul divano cercava il caldo delle persone, ogni tanto si beava a qualche nostra carezza, mentre la televisione riempiva la serata. A tarda ora graffiava la porta,voleva uscire anche nelle notti fredde. Una volta di primo mattino, la calaverna e il gelo dominavano il paesaggio, l’ho trovato nella stalla accovacciato sulla paglia accanto alla vacche.
Spariva per dei giorni, nel periodo dell’amore, tornando sempre a casa, magro e assettato, mangiava e beveva di tutto, ma non l’ho mai visto ammalarsi. , L’ultimo ricordo che ho di lui e di un giorno di novembre del 2008, , in quel periodo mia madre non stava bene, il diabete la divorava, non lo faceva vedere, anche per tranquillizzarci, dopo il lavoro andai all’allenamento dell’hockey pista, avevo lasciato casa con l’immagine di lei, alle prese con la legna da mettere nella stufa con Spino accanto. Uscii di casa accompagnato da un inquietante presentimento. Qualche ora più tardi, squillò il cellulare ero a bordo pista. La voce di una vicina usci dall’auricolare. «Presto vieni corri a casa, è successa una cosa grave», fui attraversato da un brivido, «tua madre è morta…». Proseguì confermando i miei timori. Lasciai di corsa l’impianto, corsi a casa, trovai la signora che mi aveva telefonato e mio padre piangenti. Il corpo di mia madre senza vita, riverso davanti alla stufa, la legna sparsa sul pavimento, Spino accovacciato accanto. Mi chinai allungando la mano verso di lei, sentii la lingua del cane leccarmi le nocche, l’animale guardava verso di me con un’espressione chiarissima. Lui solo l’aveva vista morire, facendole compagnia nelle ultime ore, prima che un infarto fulminate ponesse fine alla sua esistenza. Era lì a descrivermi nel suo linguaggio il dispiacere che lo pervadeva. La mia vita cambiò. Spino lo donai ad un vicino, non me la sentivo di tenerlo, lo rividi anni dopo, invecchiato a passeggio con il suo nuovo amico. ., Non so se sia ancora vivo, non credo. Quello fu il mio ultimo amico domestico. Gli animali non sono giocattoli da regalare a Natale ne oggetti da mostrare a passeggio come un bel vestito, magari legati ad un guinzaglio nel traffico per loro fonte di paura, hanno le loro esigenze, i loro spazi, come tali vanno rispettati.
ENRICO GROSSI (Libero)
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