Grazie On. Gelmini, sarebbe stata un’ottima Presidente. Ora avanti con Fontana

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Colpita a morte da un veto che prescinde totalmente dal merito, diciamo addio alla candidatura a presidente della Regione Lombardia dell’On. Gelmini. E contemporaneamente la dobbiamo ringraziare per la compostezza ed il silenzio con cui ha accolto la cosa. Non è facile, dopo aver passato una vita a dimostrare quanto si vale. È ancora meno facile dopo essersi dovuta difendere da sospetti, malignità e veleni che puntualmente colpiscono ogni donna di Forza Italia. Perché se ti domandi come sia possibile che la Picierno o la Boschi siano dove sono, sei un sessista. Ma se lo stesso dubbio, correlato da scenari da basso Impero, lo si avanza su campioni di preferenze come Mara Carfagna o su persone di assoluto valore politico come la Coordinatrice Lombarda, allora è satira. Non è facile accettare in silenzio l’assurda idea che il proprio nome avrebbe dilapidato dieci punti di vantaggio. Eppure da lei non è uscito un comunicato, una reazione. Ha accettato in silenzio. Dimostrando, pur non essendocene bisogno alcuno, una maturità politica non comune. Forza Italia ha preferito soprassedere. Io non soffro le medesime limitazioni, godendo del fatto di non essere assolutamente nessuno e di non contare alcunché, pertanto posso dirlo: l’On. Gelmini sarebbe stata un’ottima Presidente.

Intanto, elettoralmente, negli ultimi due anni, è stata la donna delle missioni impossibili. Forse qualcuno non lo ricorderà, ma nel 2016, a Milano, FI era data sotto la Lega. Qualcuno si spingeva a profetizzare che avrebbe preso la metà dei loro voti. Chiuse le urne e contate le schede, il partito di Berlusconi ne aveva presi quasi il doppio. Addirittura, mettendoci la faccia di persona, lei, candidata capolista, aveva quasi doppiato Matteo Salvini. Capiamoci, Matteo “Ruspa” Salvini all’apice del successo. Il Capitano. Ecco, lui. E nessuno mi toglierà dalla testa che Domenica sera il nostro si sia sdebitato. In barba ad ogni idea di meritocrazia, trattando, ancora una volta, la politica come una gara a chi ha il pulsante atomico più grosso. Poi nel 2017 arrivano i successi a Sesto San Giovanni, storico e dovuto, in non piccola misura alla sua diplomazia. Come anche la ricomposizione del Centrodestra a Lodi. O la candidatura del Sindaco di Monza. E poi la convention di Milano, in autunno in cui il Cavaliere ritorna in campo, invertendo il trend nei sondaggi e riportandoci in testa sulla Lega. Altra circostanza che le è stata fatta pagare nella notte del Gran Rifiuto del Presidente Maroni. D’altronde qualcuno di FI doveva pagare lo sgarbo inflitto al Capitano. Non si sa esattamente perché, peraltro, ma ci arrendiamo ai misteri della fede della Lega fu Nord.

Così oggi tutto il centrodestra deve correre pancia a terra per il successo di Fontana. Dovendo, come primo compito spiegare chi sia. Poi spiegare perché sia meglio di Gori, operazione decisamente più semplice. Lei sarà in prima linea, come sempre. E Fontana avrà da subito un compito difficile a pungolare la propria corsa: dimostrare che sarà un Presidente migliore di lei. E non sarà affatto semplice.

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