Grasso vuole che i poveri paghino l’università ai ricchi

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Partiamo da alcuni dati di fatto: se in campagna elettorale si devono sparare proposte roboanti, tanto vale puntare in alto. Grasso, invece, decide di andare sulle minuzie. Abbattere le tasse universitarie convinto di poter giocare di rimessa. Ovviamente sbaglia. Il Diavolo si annida nei dettagli e lui riesce ad aprire con uno scivolone bellissimo. L’università gratis per tutti. Il nodo è: chi pagherà? Secondo il noto sito Keynes blog, è del tutto scontato che saranno i ricchi, che all’università pubblica non vanno a pagare. Secondo l’onorevole, già Montiana, Valentina Tinagli, ai figli dei poveri l’Università viene già pagata dai ricchi. Quindi saranno le tasse degli operai a pagare la retta ai figli dei ricchi. Facciamo quindi un po’ di ordine: la proposta di Grasso gira da anni. Ed ogni volta ci si incarta nei conti. Il principio fondamentale è che l’Università la pagheranno quelli che non ci vanno a quelli che ci vanno. Come oggi. Già, perché a Grasso deve essere sfuggito il fatto che si parla di TASSE UNIVERSITARIE e non di rette, per il banale motivo che quei soldi non coprono i costi. Sono la solita sanzione sul successo personale che lo Stato impone per ricordarti che aver fatto bene nella tua vita è un errore che dovresti cercare di non ripetere.

Quanto coprano queste tasse rispetto ai costi non è mai stato ben chiaro, ma di certo nemmeno quelle più alte coprono tutto. Inoltre, chi storicamente paga la maggior parte delle tasse in Italia sono i dipendenti meno agiati. È questione di numeri e di impossibilità di schivare il colpo. Ecco perché la flat tax sarebbe d’aiuto a tutti, ma sorvoliamo. Di sicuro, dobbiamo essere chiari sul tema, i figli dei poveri oggi l’università non la pagano, ma comunque non ci vanno. E non è colpa dei costi, è colpa del sistema complessivo: quando decidi di non essere interamente produttivo, o di sobbarcarti il sacrificio di un doppio lavoro a vent’anni, dopo vuoi essere remunerato economicamente dalla tua scelta. Cosa che con l’università avviene, forse, decenni dopo. Nel tempo che il laureato trova un posto da stagista, l’operaio, l’idraulico ed il cuoco hanno già i primi scatti di carriera. Quando tu riesci ad avere un posto fisso loro si avvicinano già all’apice della carriera e magari hanno già famiglia. Tu? Tu punti sul lunghissimo periodo. Evviva.

È questo che oggi sconsiglia ai meno abbienti la via dell’università, non il fantomatico problema delle tasse, che pagano in minima parte o non pagano proprio. E questo sistema si risolve abbassando la fiscalità generale, non aumentandola. Quindi, se volete che i figli dei meno abbienti vadano all’università non fategli pagare il DAMS ai fuoricorso benestanti e sopratutto cercate di rendere fruttuoso l’investimento abbattendo le tasse. Cioè, in sintesi, se vi trovate in dubbio, fate il contrario di quello che dice Grasso.

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