Sferici, rettangolari, ellittici o con iscrizioni storiche. Così anche l’arte ha influenzato i simboli del progresso
Milano 15 Gennaio – Il tombino, diminutivo di tomba, per Leonardo Da Vinci «chiusino», il coperchio tondo o quadrato che sigilla i pozzetti disposti lungo le strade è una parola sinistra, oscura che evoca lo spettro dell’inumazione, i «gironi» infernali della modernità, le vie sotterranee della fognatura, del gas, dell’elettricità, i tunnel della metropolitana, fino alle «arterie» in fibra ottica della città cablata. Il tombino, in senso metaforico, è il sigillo del progresso, narra l’evoluzione della civiltà moderna, seguendo i canali sotterranei dell’energia rappresenta l’espressione dell’arte industriale e connota una araldica urbanistica che, definendo codici di comunicazione sintetica con segni grafici riconoscibili.
I chiusini di ghisa a Milano sono quelli relativi alla raccolta delle acque meteoriche, gli unici la cui manutenzione è direttamente a carico del Comune di Milano, gli altri dal 2003 in diversi materiali sono gestiti dalle società di servizi a rete della città, circa una trentina, tra queste: Unarti, Telecom, Fastweb, MM Servizio Idrico Integrato e acque reflue, Illuminazione Pubblica, anche se un censimento del numero di tombini a Milano non è ancora stato fatto. Sotto l’asfalto, la rete fognaria è identica alla mappa di Milano e misura 1.500 mt., scandita ogni 30 metri da un tombino, in totale circa 50 mila. I tombini a Milano, come quelli a New York (famosi perché «fumano»), Parigi e Londra sono assurti ad elementi artistici, ready made del progresso per molti artisti.
A Rovigo, c’è un Museo dei tombini, a Milano basta passeggiare «on the road», puntando lo sguardo sull’asfalto, per accorgersi che si possono distinguere diversi ordini formali: sferici, quadrati, rettangolari, ellittici, alcuni con decorazioni che rimandano al vocabolario araldico medioevale, ispirato allo stemma milanese dello scudo crociato, ovoidale incoronato degli Sforza, in altri si leggono sigle di aziende o imprese pubbliche e private, incastonate dentro a sezioni modulari, simili ad epigrafi di imprese del Novecento scomparse come Siptel, Stipel, Sip, Telecom, AEM,e altre come ATM o aziende più recenti come Metroweb.
Fanno capolino i tombini con lo scudo incoronato e contrassegnato dalle lettere S.P.Q.R, sigla utilizzata anche nelle iscrizioni del Seicento e non passano inosservati quelli marchiati con il fascio di verghe e la scure: il simbolo del potere esecutivo e quindi insegna del re, poi dei consoli, usato nell’antica Roma e successivamente diventato emblema del fascismo. I chiusini tondi, interrati nei selciati medioevali intorno alle Cinque vie di Milano, rimandano ai rosoni delle chiese romaniche, mentre quelli con motivi astratti geometrici dai segni grafici dagli effetti cinetici, rimandano all’arte cinetica programmata e al design minimalista degli annï 60.
Son griffati da Giulio Iacchetti e Matteo Regni i tombini realizzati nel 2012 per la Fonderia Montini, dai segni grafici astratti e stilizzati ideati per caditoie in ghisa. Sono un’ossessione estetica quelli fotografati da Caterina Geradi, fotografa leccese, «etnologa» dei tombini di tutto il mondo dagli anni ’90, attratta dall’idea di cogliere aspetti lirici e poetici da elementi urbani, di realtà industriali. Nel 2010, venti tombini d’autore sono il tema di una mostra a cielo aperto in via Montenapoleone dal titolo «Sopra, il sotto-Tombini Art raccontano la città cablata» promossa LA GESTIONE I chiusini di ghisa sono gli unici la cui manutenzione è direttamente a carico del Comune di Milano, gli altri sono gestiti dalle società di servizi a rete, come Telecom o MM. Sotto, i tom bini creativi di Montenapo da Metroweb, (titolare della più grande rete metropolitana di fibre ottiche d’Europa).
Questi manufatti dopo l’esposizione sono stati venduti all’asta. Nel 2015 è stato pubblicato il libro «Il giro del mondo in 80 tombini» di Mario Panizza; un viaggio intorno al mondo, raccontato attraverso i tombini visitati dall’autore. Non tutti sanno che il paradiso dei tombini artistici è il Giappone, e i loro rispetto ai nostri color grigio, ferro, allumino, sono variopinti e dal design ispirato a motivi naturali, che cambiano timbro morfologico a seconda della municipalità. La attitudine nipponica alla bellezza, anche nel dettaglio di un elemento urbano apparentemente anonimo, insegna che l’arte è ovunque, basta saperla trovare.
Jacqueline Ceresoli (Il Giornale)
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