Via Negrotto: troppi furti nel campo. I rom mettono l’allarme alle loro ville abusive

Milano

Questo campo comunale negli anni si è allargato con sempre più villette abusive, persino con telecamere di sorveglianza. I  centrodestra all’attacco: «Chiudere subito la favela comunale»

Milano 18 Gennaio – Una cancellata di ferro, tra due muretti di mattoni sormontati da due leoni di pietra. E nell’angolo una telecamera fissa sull’ingresso. Campo rom di via Negrotto, periferia ovest.

Qui, tra casette fatiscenti, roulotte e alloggi in muratura, c’è qualcuno che ha pensato di dotarsi di un sistema di videosorveglianza contro i ladri. Del resto, come confermano i carabinieri, «il reato più diffuso tra i pregiudicati del campo è il furto». Basti ricordare che la banda di nomadi arrestata nel 2014 dopo una ventina di assalti ai distributori di benzina a bordo di furgoni e auto rubate viveva proprio qui.

Alle 11 di mattina, anziché stare in classe i bambini girano per i vialetti di fango del campo. «Oggi non avevo voglia di andare a scuola», taglia corto uno di loro. Mentre dalle casette, costruite dagli stessi rom alla fine degli anni ’60, si affacciano quasi solo donne. Cercano di tenere a bada i cani che abbaiano. Intorno, tra le 24 piazzole che ospitano un centinaio di persone, ecco carcasse di biciclette smembrate, cavi di rame e ferro. «Andiamo a chiederlo alle ditte, mica lo rubiamo», spiega una signora. In fondo al campo, in mezzo alle sterpaglie, mobili rotti, letti, uno scaldabagno e gomme di automobili bruciate. Qualcuno si è costruito pure la veranda, altri esibiscono delle coppe sulle ringhiere del giardino. Sullo sfondo, due palazzine bianche nuove di zecca. Gli operai sono ancora al lavoro, ma tra poco in quegli appartamenti ci metteranno piede gli studenti del Politecnico. E dire che nel 2016, la giunta di sinistra promise lo sgombero del campo, sulla scia di quello di via Idro. Illegalità, degrado, e mancanza delle norme igienico-sanitarie.

La ciliegina sulla torta fu l’arsenale di kalashnikov sotto terra e trovati dagli agenti del commissariato di Quarto Oggiaro. Eppure, le promesse del Comune sono rimaste tali. E i rom, in prevalenza di origine slava ma con residenza italiana, sono ancora al loro posto. «Vivo qui da 50 anni, perché dovrei andarmene? Una casa non ce l’hanno mai offerta, ma noi preferiamo rimanere dove siamo», spiega Teresa, 65 anni. Tanti sono disoccupati, altri agli arresti domiciliari, qualcuno percepisce il sussidio. «Uno dei miei figli si arrangia come può, lavora dove capita. Fa anche il dj. L’altro è in galera: rubava per comprarsi la droga. Ma si è rovinato fuori dal campo, non dentro». Alle 12 un ragazzo con lo smartphone in mano e le cuffie alle orecchie esce di casa e si incammina verso via Console Marcello. Non ha voglia di parlare, ma assicura: «Sto andando a lavorare». Inutile dire che i residenti non si sentono al sicuro. E vivono barricati in casa. Con le finestre chiuse per «non sentire i rumori delle loro feste e non respirare i fumi delle gomme in fiamme». All’attacco Silvia Sardone (Fi): «Questo campo negli anni si è allargato con sempre più villette abusive, persino con telecamere di sorveglianza. Quest’area è un esempio di illegalità diffusa, con gli abitanti che costruiscono villette con acqua ed elettricità pagati dal Comune. Sarebbe questo il modello di integrazione che piace al Pd? La chiusura deve essere una priorità».

Massimo Sanvito (Libero)

Due foto scattate ieri nel campo di via Negrotto, zona Certosa: il villaggio autorizzato dal Comune di Milano è al centro delle critiche dell’opposizione. Anche i residenti delle zone limitrofe protestano.

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