Dall’idea di due laureati è nata l’associazione culturale Dramatrà che organizza visite teatralizzate nei principali musei e quartieri cittadini. E c’è anche un itinerario in tram
Milano 22 Gennaio – A Brera la conoscono oramai tutti. I camerieri le fanno l’occhiolino, i negozianti (maschi) le urlano «Ci vediamo dopo». Wanda ammicca, manda baci ai passanti, si lascia coinvolgere dai turisti stranieri per un selfie. Gira per il quartiere, via Fiori Chiari, il cortile della Pinacoteca, l’Orto botanico, accompagnata da un gruppetto. È veneta, da poco a Milano, e quando pronuncia la battuta per spiegare il motivo del trasferimento nella metropoli, «Anche il putanon c’ha l’avanzamento di carriera», immancabilmente c’è un’esplosione di risate. Vestita come negli anni Cinquanta, è una signorina delle case chiuse. Parla anche di quelle, con delicata grazia. «Per carità, la visita è castigata, non volgare, solo forse non adatta ai bambini», dichiarano pronti Valentina Saracco e Davide Ianni, «Wanda svela l’atmosfera della Brera di allora, così diversa da quella odierna».
I due giovani, classe ‘88, si sono conosciuti all’Università, facoltà di Scienze della Comunicazione. «Laurea umanistica, non apre tante porte, il lavoro te lo devi inventare», ironizzano. Nel 2012 Milano non è ancora rinata, secondo l’opinione pubblica è una città grigia e poco attraente. Loro la pensano diversamente. «Si trattava di trovare la chiave giusta per valorizzarla, abbiamo pensato alla magia del teatro». Con fantasia si inventano visite itineranti teatralizzate: una piccola sceneggiatura per ogni luogo, le parti affidate ad attori in costume. Il primo testo è Wanda, con l’attrice Martina Fusè nei panni della prostituta di Brera. Un successo. Due anni dopo fondano l’associazione culturale Dramatrà (il nome, che rimanda al teatro, nasce dall’aggiunta di una erre al detto dialettale «damm a trà», dammi retta) e parte un calendario di visite, «all’inizio tutte all’aperto, per aggirare la richiesta di permessi». I delitti intorno al Duomo; i cantastorie dei Navigli; i fantasmi del parco Sempione. La città in scena piace, diverte. «Soprattutto ai milanesi», svelano Saracco e Ianni, «che sotto sotto non conoscono bene i loro luoghi e amano scoprirli, ascoltare aneddoti, storie minute poco narrate».
Il passo successivo sono i musei. Bussano alla porta del Bagatti Valsecchi. «Ci hanno detto subito sì, il progetto di una visita accompagnati dal barone Fausto e dalla portinaia di casa, lei specializzata in gossip, lui per la parte più istituzionale, li ha convinti», raccontano. Nel tempo aggiungono Casa Boschi Di Stefano (con la coppia di collezionisti), l’Acquario (l’architetto Sebastiano Loceti), il Mudec, Casa Verdi. Fino alle Gallerie d’Italia, dove ora sono presenza fissa una volta a settimana, con un racconto che è un viaggio nella storia sepolta dei palazzi (quanti ricordano la bomba inesplosa trovata nella banca di piazza Scala subito dopo la strage di piazza Fontana?). «Registriamo spesso il sold out, a volte programmiamo due turni per esaudire tutte le richieste. Per il DramaTram, ad esempio, non ci sono posti liberi fino a marzo». Tram? «Una volta al mese la visita si tiene a bordo di un mezzo storico, con la nobildonna Camilla e il bigliettaio. Musica degli anni Venti, partecipanti con cappellini, cilindri e boa di piume. Peccato che l’Atm non ci consenta qualche viaggio in più».
Marta Ghezzi (Corriere)
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