«Il mio ufficio è alla Stazione Centrale» Ecco come si muovevano i passeur di profughi

Milano

Milano 24 Gennaio – «LA CENTRALE di Milano è il mio ufficio», raccontava un passeur al suo interlocutore in una conversazione intercettata dagli investigatori. Un «ufficio» utilizzato per organizzare, in cambio di denaro, i viaggi della speranza di centinaia di migranti dall’Italia verso la Francia. Il modus operandi di un’organizzazione smantellata un anno fa dagli agenti della Squadra mobile di Cremona, coordinati dalla Dda di Milano — composta principalmente da egiziani — è stato ricostruito ieri in aula davanti ai giudici della Corte d’Assise. Nove persone (otto sono in carcere e una ai domiciliari) sono sotto processo. Per altre 17, che hanno scelto il rito abbreviato, ottenendo lo sconto di un terzo della pena, lo scorso dicembre è arrivata la sentenza di primo grado.

UN EGIZIANO soprannominato Monco, Mohammed, ritenuto uno dei capi della banda di presunti trafficanti di esseri umani accusata di aver organizzato oltre 60 viaggi, «aveva la capacità di vedere prima degli altri le possibilità di business». Per questo è stata documentata la sua presenza nei Paesi dove si concentra il flusso dei migranti: dalla Turchia all’Ungheria, fino all’Italia con il boom degli sbarchi sulle coste siciliane. Dal Sud Italia i migranti venivano accompagnati fino a Milano, snodo centrale per il gruppo di trafficanti. «Gli stranieri arrivati alla stazione Centrale venivano fatti ripartire da Rogoredo — ha spiegato in aula un agente della Mobile — approfittando dei controlli meno intensi. Da Rogoredo raggiungevano Pavia, sempre su treni regionali, dove cambiavano convoglio». Il viaggio proseguiva verso Genova e Ventimiglia, usando varie precauzioni per non incappare nei controlli delle forze dell’ordine. «I trafficanti si sedevano su un’altra carrozza — ha riferito l’agente ascoltato come testimone — e si tenevano in contatto via telefono con i clandestini». Una volta a Ventimiglia, scendevano dal treno e, camminando lungo la massicciata, i gruppi composti da dieci o venti persone raggiungevano il corso del fiume Roia, che scorre tra l’Italia e la Francia. Poi venivano caricati su vetture (in alcuni casi sono stati fermati furgoni «con 40 persone stipate all’interno in condizioni disumane») e portati oltre confine, nella zona di Mentone, da dove proseguivano in autonomia il viaggio verso il Nord Europa. I «passaggi» potevano costare da 500 fino a mille euro. E i trafficanti «sfruttavano queste persone appena arrivate in Italia cercando di lucrare su tutto, facendosi pagare un sovrapprezzo anche per fare un semplice biglietto ferroviario». Le indagini sono partite dopo che una serie di passeur sono stati bloccati alla frontiera. L’organizzazione capillare dei viaggi, con i ruoli all’interno della banda, è stata documentata attraverso intercettazioni telefoniche e «l’impressionante sistema di videosorveglianza alla stazione di Ventimiglia, con oltre 80 telecamere». Infine sono scattati gli arresti per l’accusa di associazione a delinquere finalizzata all’immigrazione clandestina aggravata dalla transnazionalità, e ieri si è aperto il processo davanti alla Corte d’Assise.

Andrea Gianni (Il Giorno) 

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