Milano 24 Gennaio – Troppo Facile, banale, scontato riprendere anche noi il ritornello dell’imminente dilagare della “Frido-mania”. E anche ricordare: ma l’abbiamo già vista… La mostra che si aprirà il 1° febbraio nei saloni del Mudec, il Museo delle Culture, vuole spingersi, come recita esplicitamente il titolo, “Oltre il mito”: il mito che da decenni ammanta Frida Kahlo, l’artista messicana piú famosa e acclamata nel mondo. Una donna dalla pittura tanto potente quanto tormentata fu la sua vita. E proprio la sua vita, così dolorosa, si è confusa, si è sovrapposta alla sua arte. Fin troppo. «Nel migliore dei casi – commenta Diego Sileo, il curatore della mostra – la sua pittura è stata interpretata come un semplice riflesso delle sue vicissitudini personali o, nell’ambito di una sorta di psicoanalisi amatoriale, come un sintomo dei suoi conflitti e disequilibri interni. L’opera si è quindi vista radicalmente rimpiazzata dalla vita e l’artista irrimediabilmente ingoiata dal mito».
Vicissitudini? Il 17 settembre 1925, quando aveva diciotto anni, Frida Kahlo rimase vittima di un incidente fra l’autobus su cui viaggiava all’uscita da scuola e un tram. Tragico lo scontro: fra le tante, tantissime ferite, Frida si ritrovò la colonna vertebrale fratturata in tre punti. Trentadue le operazioni chirurgiche cui fu sottoposta. Anni d’immobilità totale, a letto, il busto ingessato. Per costruire la sua mostra, ricca di opere anche inedite e promossa dal Comune e da 24 Ore-Cultura, Diego Sileo, a Milano curatore del Pac, ha fatto parte, come unico membro europeo, dello staff impegnato nel progetto di ricerca sull’archivio di Frida Kahlo e Diego Rivera, suo compagno e padre del “muralismo” messicano, ritrovato dopo mezzo secolo in una cinquantina di casse a Casa Azul, la dimora dei due artisti: un patrimonio di ventimila fra disegni e stampe, lettere e fotografie, libri, telegrammi, cartoline, e oggetti personali, fra cui vestiti, protesi e busti ortopedici.
Nello sforzo di allestire una mostra dal taglio inedito, appunto dopo un’indagine quasi decennale, raccolta anche nell’apposito catalogo, il Mudec proporrà una mostra scandita in quattro sezioni. Frida Kahlo, la donna: la prima artista a fare del proprio corpo un manifesto, esponendo la propria femminilità in maniera diretta, a volte violenta, un corpo immolato sull’altare laico dell’arte, volontariamente soggetto di raffinate strategie estetiche. Frida Kahlo e la Terra: la Madre Terra, immagine archetipica, origine e fine, fonte di sussistenza e inesorabile destino di disintegrazione. Terza tappa, Frida e la politica: figlia e protagonista del suo tempo, la grande artista messicana, così come Diego Rivera, è inscindibile dal clima sociale del suo Paese post-rivoluzione. Infine, Frida Kahlo e il dolore: immagini poeticamente brutali, un orribile scheletro ortopedico quasi indistinguibile da una teatrale armatura.
Mudec, Milano (via Tortona 56). Dal 1° febbraio al 3 giugno. Catalogo 24 Ore-Cultura.
Gian Marco Marchi (Il Giorno)
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