Davos si è aperto con l’ipocrisia della Merkel sui dazi e chiuso col sano realismo di Trump su cosa sia il “libero” scambio. Frau Angela, dall’alto delle ripide barriere doganali Europee sul cibo e delle mille ed uno astuzie Tedesche per proteggere la propria industria, era salita in cattedra a bacchettare il Presidente Usa per aver fatto la stessa cosa sugli elettrodomestici con Korea del Sud e Cina. Le ha risposto Mr Trump in un discorso semplice e diretto, basato su pochi punti ed una grande verità: gli accordi internazionali con dentro tutti hanno creato una situazione insostenibile. Con la scusa dei margini di sviluppo, si è consentito che la Cina facesse un po’ come le pareva. Questo non è liberismo, non è globalismo e non è libero mercato. È un lento suicidio dell’Occidente che odia se stesso. Ovvero l’esatto opposto di quello che Trump dice e vuole. E, punto per punto, il Presidente ha smantellato questa latente follia. Nell’ordine:
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Proprietà intellettuale, sussidi ed industrie pubbliche: il successo Cinese è una miscela esplosiva e pericolosissima. La crisi del 2015 è stata l’avvisaglia della tempesta perfetta, che prima o poi distruggerà il colosso dai piedi di argilla. Il sistema Cinese che le consente di restare nel WTO è una maschera sempre più sottile. Cosa vi sia dietro è ignoto, ma gli spiragli che si sono aperti con la crisi finanziaria non hanno rivelato nulla di nuovo. Esistono almeno due sistemi bancari e del secondo non sappiamo nulla. Nessuno sa, esattamente, quanta liquidità abbia la Cina. Né come sia possibile che continui ad investire nell’urbanistica come se non ci fosse domani. Qui, da liberista, non parlerò di dumping salariale perché è un non problema, ma il furto delle proprietà intellettuali è un problema enorme. Significa sottrarre all’utenza interi mercati. Inoltre le loro imprese giocano con un intero continente a sussidiarle. Le nostre giocano CONTRO DUE interi continenti: quello di partenza, con la sua burocrazia. Quello di arrivo con il suo protezionismo. Quando non si scontrano con le industrie locali di stato. Ed allora non c’è gara.
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Protezionismo vs equità. Questo stato di cose, come detto non è sostenibile. Ed è ampiamente supportato dalla strategia multipolare tanto cara a Merkel a globalisti di destra e di sinistra. Ovviamente in questa ottica, noi cresciamo del 2% e Cina ed India del 7%. Trump quindi si da una domanda apparentemente ingenua: perché anche io non posso crescere così tanto? E perché, per farlo, non posso usare sistemi diversi, ma efficaci, contro di loro? Per la Merkel è protezionismo, per Trump equità, per me è semplice reazione al terzomondismo d’accatto made in Europe. La Cina, l’India e le economie emergenti vanno trattate con dignità da partner. Non con sufficienza da selvaggi cui tutto è permesso. E su questo, in effetti, Trump è decisamente meno razzista degli altri.
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America first is not America alone. Prima, non sola. Trump, si guarda intorno e dice una banalità e tutti trasalgono. Ognuno in questa sala, pensa il Presidente, mette al primo posto i propri interessi. Poi si fa un compromesso e si procede. Povero illuso. La maggior parte mette davanti una serie di altri interessi, ideologici, elettorali, politici. Ma il proprio paese, Presidente, viene decisamente dopo. Per questo Lei è un alieno. Per questo non la capiscono e non la capiranno. Per questo noi sentiamo così tanto la Sua mancanza.
Laureato in legge col massimo dei voti, ha iniziato due anni fa la carriera di startupper, con la casa editrice digitale Leo Libri. Attualmente è Presidente di Leotech srls, che ha contribuito a fondare. Si occupa di internazionalizzazione di imprese, marketing e comunicazione,