Vanno rimandati a casa in 600 mila, tutti quelli che non hanno diritto di stare qua. È questione di principio e di sicurezza. Ed è la soluzione migliore per disinnescare la bomba sociale che altrimenti rischia di far saltare la convivenza civile nel nostro paese. Detto questo, vediamo di fare un minimo di approfondimento. Repubblica pone alcune obiezioni numeriche, a cui è doveroso rispondere:
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I costi. Ogni rimpatrio costa 4000 euro. Quindi rimandarli tutti a casa costerebbe 2.4 miliardi. Accoglierli, d’altronde, è costato una trentina di euro malcontati al giorno. L’intera operazione “profughi” ci è costata più di tre miliardi l’anno. Altrettanto gli accordi Europei per chiudere il confine orientale ai Siriani. Insomma, la gestione di queste crisi è sempre costosa, si tratta di un rapporto costi-benefici. Come abbiamo visto per la rotta Balcanica, chiudere paga più che aprire. Quindi abbiamo una riduzione sul breve periodo ed un vantaggio sul lungo. Direi che l’obiezione è ampiamente superata.
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I tempi e le strutture. Oggi ci si mette anni per espellere, si lascia in libertà l’espulso e si incrociano le dita. Questo perché i centri di identificazione ed espulsione sono pochi. Quelli di accoglienza, invece, appaiono come funghi. Perché? Perché i secondi sono privati o gestiti dai privati. Soluzione? Trasformare le caserme dismesse in CIE e cogestirli. Anche questo costerà, ovviamente, ma togliere dalle strade questa gente ne varrebbe la pena. Sui tempi, purtroppo, poco c’è da fare. I Magistrati stanno scientificamente sabotando la questione. Nulla di nuovo, lo abbiamo già visto con la Bossi Fini…
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Gli accordi con i paesi di provenienza. Ecco, vediamo di capirci. Vista la propensione produttiva, l’alta caratura morale e l’infinito valore economico sembra strano che i paesi di provenienza non facciano la gara per riaverli. Eppure è così. E qui, capiamoci, un paio di domande dovremmo farcele. La prima di queste è dove sia l’Europa quando serve. La seconda è perché se i paesi di origine non li riconoscono noi dovremmo chiedergli quando loro dichiarano di essere perseguitati. In ogni caso la soluzione, come ha sempre detto il Presidente Berlusconi sono gli accordi bilaterali. Dal 2011, dopo la sua caduta, qualcuno ha ripreso la questione? No? Magari perché era più remunerativo farli venire qui e farsi pagare per ospitarli? In ogni caso anche questo è un problema superabile, basta volerlo politicamente.
In sintesi, rimpatriarli non è facile ma è possibile. E’ accoglierli tutti che è facile, ma poi è impossibile da gestire. Capirlo richiede solo la minima onestà intellettuale di riconoscere che le città non finiscono con i salotti buoni…
Laureato in legge col massimo dei voti, ha iniziato due anni fa la carriera di startupper, con la casa editrice digitale Leo Libri. Attualmente è Presidente di Leotech srls, che ha contribuito a fondare. Si occupa di internazionalizzazione di imprese, marketing e comunicazione,