Il candidato del centrodestra: «Punto sull’ascolto. Nelle tribune tv solo slogan inutili»
Milano 15 Febbraio «Ero davvero stufo di sentir dire dalla sinistra che noi non abbiamo un programma. Eccolo qua, servito…». Attilio Fontana ha appena diffuso il programma elettorale. Sono 105 pagine divise in 16 capitoli che riassumono la visione del candidato presidente del centrodestra. Con la promessa di stupire, se eletto, per «l’assiduo ascolto di tutte le parti sociali». Obiettivo, mantenere il «tesoretto» della Regione: secondo il sondaggio Ipsos, il 66% dei lombardi dice di apprezzare l’amministrazione lombarda. Molti di più di coloro che voteranno centrodestra.
Lunedì sera lei ha incontrato Silvio Berlusconi. È riuscito a strappargli la promessa di una presenza di persona in campagna elettorale?
«A dire il vero, no. Non ne abbiamo parlato. Ma davanti abbiamo ancora tanti giorni, io mi auguro che la presenza possa esserci. E in ogni caso mi ha rassicurato sulla nostra vittoria».
Non passa giorno che tra Berlusconi e Salvini non ci siano scintille polemiche. Ne avete parlato?
«Ma figuriamoci. Ci sono idee simili che si confrontano e ognuno cerca di aggiungere qualcosa di utile al progetto: i progetti importanti nascono così, anche dalla discussione».
Le intenzioni di voto sono favorevoli al centrodestra, ma il candidato del Pd Giorgio Gori ha un gradimento superiore al suo. Come può recuperare anche questa gara?
«La verità è che quando mi è stato chiesto di candidarmi non mi conosceva più nessuno. Era un anno e mezzo che facevo tutt’altro, non andavo in televisione da un pezzo… Mi stupisce semmai il contrario, di godere di una così alta conoscenza e anche di un così alto gradimento».
Come mai si parla così poco della sua lista civica?
«Io non credo questo. Ma quando Maroni si candidò nel 2013 il momento per l’alleanza era molto difficile, si doveva riportare al voto gli elettori delusi e la lista fu più visibile. Del resto, con Maroni candidato il centrodestra avrebbe preso più voti anche oggi. Ma ora i partiti sono più forti».
Al centro del suo programma, la trattativa sulle autonomie. Da quel che si può capire, la bozza è la stessa per Veneto, Lombardia e Emilia Romagna. Quest’ultima, però, non ha fatto il referendum. Valeva la pena di spendere tanto?
«Mi scusi, ma qui il ragionamento è esattamente opposto. Se il presidente dell’Emilia Bonaccini ha ottenuto qualcosa è merito dei referendum di Lombardia e Veneto. Meglio ancora: Bonaccini è stato chiamato da Roma per far finta di fare delle richieste per minimizzare il significato dei referendum».
Non esagera un po’?
«La riforma che ha reso possibile la trattativa con lo Stato risale al 2001. Da allora, di tentativi per ridiscutere l’assetto delle Regioni ne sono stati fatti diversi. Risultati: cippirimerlo. Soltanto con la spinta di milioni di cittadini si è potuto sbloccare qualcosa».
Fontana, perdoni: ma perché non fa confronti con i suoi concorrenti?
«Perché la mia campagna è tutta all’insegna dell’ascolto e della presentazione delle idee. Il confronto diretto si presta male a tutto questo, si finisce col betegare tutto il tempo. La tribuna televisiva rischia di essere superficiale, devi comprimere il programma in slogan. A me questo interessa poco».
Cosa ha imparato della Lombardia nel primo mese da candidato?
«L’ascolto. Mi sono reso conto di quanto sia importante ascoltare i cittadini. Per questo, il mio metodo di governo sarà il confronto puntuale e permanente. Molto del nostro lavoro sarà ai tavoli di consultazione con categorie, sindacati, rappresentanze».
Marco Cremonesi (Corriere)
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