Fallimento della politica: solo un giovane su due è sicuro di andare a votare

Attualità

Milano 17 Febbraio – Il fallimento della politica su può misurare in tanti modi, si può giustificare, si può far ricadere su circostanze esterne, ma un astensione, soprattutto se è dichiarata da un giovane, è la conferma che i politici e il modo di fare politica sono sbagliati. Ed è un fallimento cje dovrebbe far riflettere, soprattutto sulle motivazioni che creano disincanto e irresponsabilità civica. La rassegnazione è il prodotto di un mal governo, di una classe dirigente senza etica, di una disuguaglianza sociale senza precedenti. Non può rinascere il Paese se non c’è un comune sentire, un afflato di speranza, una complicità costruttiva tra il cittadino e i propri rappresentanti. I giovani al primo voto non sanno cosa fare, ma dovrebbero essere impegnati a rivoluzionare questa Italia malata. Di seguito il sondaggio riportato dal Tg.com

La metà dei ragazzi ancora indecisa se recarsi alle urne 
Ad oggi, tra i ‘nuovi elettori’ (maggiorenni) solo 1 su 2 si dice sicuro di andare a votare. Se guardiamo all’intero campione, che comprende anche quelli futuri (a loro è stato chiesto cosa farebbero se avessero la possibilità di votare), il numero degli astenuti sale. Complessivamente, infatti, solo il 44% del campione mostra un’alta propensione al voto (praticamente la certezza di andare). Per capire lo scollamento all’interno della società basta evidenziare come, tra gli adulti, il dato salga al 65%.

I motivi dell’allontanamento dalla politica
Tra i potenziali astenuti, il 36% afferma di non essere interessato alla politica (tra i maggiorenni il dato schizza al 42%). Il 28% ammette di non essersi informato abbastanza. Il 21% dice di non fidarsi dei partiti, ormai tutti uguali tra loro (tra l’altro 1 su 3 considera la divisone tra ‘destra e sinistra’ un concetto superato). Il 15% è indeciso perché sta tenendo in considerazione più di una scelta.

Le priorità delle nuove generazioni
I dati illustrano come la politica venga quindi percepita come estranea alla quotidianità dei giovani: su una scala da 1 a 10, il valore che gli under25 danno al livello di ‘vicinanza’ dei partiti ai loro problemi si ferma a 3 (quasi nullo). Ma quali sono queste priorità di cui non si parla abbastanza? Potendo scegliere tra più opzioni, il 38% inserisce le prospettive sul futuro delle nuove generazioni, il 37% la disoccupazione, il 35% l’immigrazione, il 33% le questioni legate alla scuola. A scendere – tra il 20% e il 30% – troviamo la criminalità, l’ambiente, la sanità, economia, tasse, pensioni e terrorismo.

Poco confronto e scarsa informazione 
Ma, in realtà, molti di questi temi fanno quotidianamente parte del dibattito su giornali e Tv. Segno che, probabilmente, i ragazzi non s’informano nel modo corretto. Ed è qui che emerge la scarsa abitudine a parlare di politica. L’indagine si è concentrata su come si affronta l’argomento a scuola. Ebbene, il 62% non ha mai parlato delle prossime elezioni né con i compagni di classe né con i professori. Leggermente meglio i numeri se isoliamo i maggiorenni: ne parla il 45% (contro il 32% degli under18). Ma restano comunque una minoranza.

Le intenzioni di voto
Ma se proprio dovessero scegliere, la forza politica che meglio rappresenta i nostri ragazzi sembrerebbe essere il Movimento 5 Stelle. Circa 1 su 3 dei maggiorenni ha espresso preferenza per i ‘pentastellati’. Segue a stretto giro – con poco più del 32% delle scelte dei potenziali elettori – la coalizione di centrodestra, dove la Lega (16%) fa la parte del leone. Coalizione PD in coda con il 27% circa di simpatizzanti, tra chi ha raggiunto la maggiore età.

L’identikit del politico ideale
Che doti dovrebbe avere il proprio personaggio politico di riferimento? Buone idee e determinazione nel metterle in atto sono i caratteri fondamentali del suo identikit: la pensa così il 36% degli intervistati (il 31% tra i maggiorenni). Anche l’anagrafe, però, è importante: per il 23% il candidato votabile deve essere giovane, con voglia di innovare senza comunque trascurare l’esperienza di governo. Il 17%, invece, punta soprattutto sulla correttezza con cui ha svolto in passato il suo lavoro.

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