Speculazione sordida sui poveri vecchi, centinaia di casi l’anno. Ma lo Stato preferisce tagliare sul welfare e investire sui migranti.
Milano 17 Febbraio – Non ci stupisce la cattiveria contro i vecchi. Sono deboli e indifesi, viene facile trattarli come uno scarto. Godono di pessima fama sui giornali e nelle dichiarazioni dei ministri: non muoiono mai, depredano le casse dell’Inps con le loro pensioni, il deficit se lo sono succhiato loro. Dunque c’è una certa legittimazione pubblica a trattarli come rifiuti organici, solo per disgrazia ancora viventi. E come esistono discariche abusive per i rottami tossici, così capita agli anziani poveri di finire in impianti fuorilegge. E’ una legge del mercato. A domanda risponde offerta. Siccome ciò che è legale costa troppo, si crea un circuito segreto (per modo di dire), che fa comodo a tutti meno che alle vittime. Sì, fa comodo eccome allo Stato, che in tal modo si ritiene autorizzato a non provvedere con il suo famoso welfare della mutua a sostenere decorosamente i propri cittadini, ciò che dovrebbe essere un dovere e la ragion d’essere per cui lo Stato è nato: tutelare i deboli, gli indifesi, e non c’è nessuno di più inerme di chi non ha le forze, causa l’età e gli acciacchi, di tirarti un pugno, o di inseguirti con i forconi.
Siccome la tratta di questi esseri canuti e calvi consente guadagni cospicui, era matematico che la faccenda si trasformasse in un’industria. Ovviamente in nero. In Italia l’economia sommersa è circa un terzo di quella che paga le tasse ed è sottoposta a controlli. Dunque nessuna meraviglia se proliferano gli ospizi abusivi. Garantiscono un facile lucro. Il tragitto dei vecchi poveri dalla loro dimora a queste infami strutture è il naufragio autentico del nostro sistema sociale. Tutti i mass media si occupano con commozione della tratta degli africani, il governo destina a chi sbarca qui vino e alloggio e mancia in hotel persino a quattro stelle. I vecchi non fanno paura a nessuno, non ciondolano in manipoli davanti alle stazioni con il cappello da baseball, per cui si arrangino. Le risorse (circa dieci miliardi) destinate a chi viene da fuori sono negate invece a questi italiani senza patria, perché non è una patria quella che consente siano trattati come cani morti in attesa di sepoltura anche se respirano. Li fanno respirare solo perché conviene, altrimenti verrebbe meno la retta, miserabile, ma riscossa praticamente a fronte di un costo prossimo allo zero.
Non è una teoria. Le cronache, di cui forniamo un resoconto in queste pagine, sono gremite in questi ultimi mesi di notizie orribili di case-pollaio, adibite ad ammonticchiarvi come in un lazzaretto da peste bubbonica persone in età avanzata, depositati lì dalle famiglie che non possono – o non vogliono – trovare strutture in regola con i requisiti della decenza.
Come si spiega il rigoglio in questi ultimi anni di foreste carnivore che si nutrono di carne veneranda, sottoposta all’infemo in terra come premio finale a una vitaccia di lavoro? Non stiamo esagerando. Abbiamo visto tutti in tivù filmati terrificanti dove ospizi fa rima con supplizi. Percosse e umiliazioni per chi non è in grado di provvedere da sé ai propri bisogni corporali sono la norma.
LE FORBICI PUBBLICHE
Perché adesso? Ovvio. L’incapacità di tagliare le spese correnti, ha fatto si che le forbici dei tagli si concentrassero sui versamenti che il Tesoro fa a regioni e comuni cui compete sostenere l’assistenza. Le famiglie con in casa persone handicappate si arrangino. Lo stesso per anziani specie se non autosufficienti.
La Lombardia, l’Emilia, il Veneto ancora ancora si salvano. Una politica più avveduta permette, specie dalle parti di Milano, di sostenere direttamente le famiglie che accudiscano il nonno o la nonna in casa con risparmio sia per gli interessati che per l’ente pubblico. Ma altrove ci si deve arrangiare. E dal punto di vista di chi apre questi ospizi è una cuccagna. Altro che abusivismo di necessità nel campo di chi tira su villette sulle rive del mare o sulle falde del Vesuvio. Qui c’è una necessità vera indotta dalle carenze dello Stato, per chi non ha pensione sufficiente o risparmi tali per permettersi di andare in soggiorni (quasi) ameni. Non tutti sono in grado di tenere in casa una persona anziana che non è in grado di cambiarsi e nutrirsi. Di solito, se l’anziano vive solo, si provvede a una badante. Metterla in regola costa troppo, si arriva a mille e ottocento-duemila euro. In nero oggi al Nord sono mille e trecento euro, al Sud mille. A volte si devono fare dei turni, una non basta.
PIETOSA COMPLICITÀ
Ci sono le strutture convenzionate, che offrono servizi adeguati, oggi per un malato non autosufficiente si va sopra alle tremila euro, e il comune o la regione non sono più in grado di sostenere le spese se non per una quota molto bassa. Se lo fossero, nessuno spedirebbe i propri cari in questi lager.
Naturalmente al momento del ricovero e delle (rare) visite, in orari prefissati, si fa in modo di far digerire come passabili gli stanzoni, si dà una pulita, le infermiere (per modo di dire) mettono un grembiule pulito. Poi nasce una sorta di complicità: un non voler capire né vedere. Non si crede ai vecchi quando si lamentano, conviene pensare sia una lagna, e se vedi che la mammetta ha dei lividi ti fanno bere la storia di una caduta accidentale. E taci anche perché sei colpevole anche tu per aver accettato servizi abusivi.
Noi abbiamo sentito in campagna elettorale molte cose, quasi tutte giuste e molto carine, su redditi di cittadinanza, di dignità, occupazione giovanile, integrazione dei migranti. Integrare i vecchi nel tessuto vivo della società, non pare sia un programma che interessi molti.
Renato Farina (Libero)
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