L’operaio marocchino faceva propaganda su internet agli estremisti nel covo storico degli antagonisti con tre tunisini
Milano 9 Marzo – Di giorno lavorava come operaio in una ditta edile di Sesto San Giovanni, di sera frequentava il centro sociale Leoncavallo. Mentre sui social postava video che inneggiavano all’Isis: combattimenti, esecuzioni, miliziani del Califfo raccolti in preghiera o incappucciati. Omar Nmiki, 35 anni, è stato condannato ieri a due anni e quattro mesi di carcere per istigazione e apologia del terrorismo dalla prima sezione della Corte d’Appello di Milano, presieduta da Ilio Mannucci Pacini. Che ha affievolito la richiesta avanzata dal pm Paola Pirotta – tre anni e sei mesi – facendo probabilmente cadere l’aggravante della «finalità di terrorismo».
Infatti, l’accusa aveva sottolineato che «il contenuto delle immagini postate esalta l’uso delle armi, la glorificazione del martirio e suscita interesse e condivisione della Jihad tra i credenti musulmani, sfruttando la potenzialità dei social che è enorme e indiscriminata». In ogni caso, i giudici hanno disposto l’espulsione di «Omar il marocchino» una volta espiata la pena in Italia.
Nmiki, nativo di Fes, era stato arrestato un anno fa insieme a tre tunisini – clandestini, senza fissa dimora e spacciatori – nell’ambito dell’operazione “Da’ Wa”, coordinata dalla Dda di Perugia e condotta dalla polizia postale. Poi, la sua posizione era stata stralciata ed era finita negli uffici della magistratura milanese. Che aveva ripercorso le tappe e le abitudini del nordafricano in città, tra cui appunto le serate passate insieme ai suoi complici al Leonka di via Watteau. «Non sono un ragazzo cattivo, andavo lì per bere, ascoltare un po’ di musica e incontrare delle ragazze, non per parlare dell’Isis. Io condiviso quei messaggi solo per curiosità», aveva subito detto Omar nelle stanze del carcere di massima sicurezza di Sassari.
Al Leoncavallo, però, Omar passava le sue serate col predicatore salafita El Ilammami Ghassane, una delle figure chiave dell’inchiesta aperta dalla procura umbra. Le indagini della polizia postale erano partite proprio dal suo account Facebook, dopo la condivisione di una vignetta successiva all’attentato islamico nella redazione parigina di Charlie I Iebdo il 7 gennaio del 2015. Tra i suoi contatti la polizia era risalita a Nmiki, scovando sul suo profilo diversi post inneggianti all’Isis. Mentre nelle telefonate intercettate i due non avevano mai parlato di terrorismo, né frequentavano centri islamici. Ma alla propaganda online mischiavano lo spaccio di droga.
Contrario alla sentenza della Corte d’Appello l’avvocato difensore di Nmiki, Sandro Clementi, che aveva chiesto l’assoluzione per il suo assistito, motivandola col fatto che i post sui social del suo assistito fossero «una legittima manifestazione del pensiero, senza istigazione». E aggiungendo che si tratta di una «una sentenza che riduce lo spazio di democraticità del libero pensiero. Una sentenza pericolosa, perché da un lato smentisce l’impianto accusatorio e dall’altro nega che esista ancora in Italia uno spazio per la libera manifestazione del pensiero, anche quando riguarda, ad esempio, la violenza in Medio Oriente».
Sulla vicenda, in serata, è intervenuto anche l’ex vice sindaco Riccardo De Corato: «Ora non dobbiamo più preoccuparci solo delle moschee, gli estremisti islamici si ritrovano pure al Leoncavallo. Non che possiamo dirci totalmente sorpresi, ma adesso c’è la prova certa. E adesso cosa dice il centrosinistra che voleva legalizzarlo? Cosa dicono Sala, Majorino e tutti gli altri che difendono sempre i centri sociali? Non bastavano abusivismo, violenze, feste della droga, scontrini non pagati, tasse evase, regolamenti calpestati… ora scopriamo che lì si sarebbe incontrato un gruppo di estremisti islamici inneggianti all’Isis. C’è un limite a tutto!» conclude, «il Leonka venga sgomberato e chiuso come noi chiediamo da anni».
Massimo Sanvito (Libero)
Milano Post è edito dalla Società Editoriale Nuova Milano Post S.r.l.s , con sede in via Giambellino, 60-20147 Milano.
C.F/P.IVA 9296810964 R.E.A. MI – 2081845
Il terrorista marocchino frequentava il posto adatto per lui il leoncavallo ove poteva trovare indicazioni precise per migliorare la sua esperienza di terrorista.