Il gatto ammiraglio coraggioso. Miao che vita….

Zampe di velluto

In automobile, senza gabbietta, sembrava un ometto. Ma ogni notte doveva sentirsi libero oltre il giardino…

Daniela Veronese https://www.facebook.com/PAINT-DOG-371378789698257/?ref=br_rs

Con molta velocità mi preparò la lettiera nel suo bagno, la mia cena era petto di pollo lesso, gradii anche un po’ di latte e poi mi arrotolai su un tappeto dove mi addormentai profondamente. Venni a sapere poi che nei giorni seguenti si diedero molto da fare per cercare la mia famiglia, peccato perché tutto sommato la casa era confortevole, un grandissimo giardino su due livelli e loro molto premurosi nei miei confronti, nel primo fine settimana mi portarono nella loro casa di campagna. Ragazzi un bosco di querce e lecci pronti a ricevermi sui loro rami, più un uliveto, miao che vita! Li seguivo ubbidiente nel bosco e mi comportavo veramente bene, in automobile poi andavo alla grande, senza gabbietta sembravo veramente un ometto. Un giorno però, trovarono il dottor Federici, panico, sgomento, occhi lucidi, non volevo lasciarli, mi avevano trattato talmente bene con premura e tanto amore, e poi ero tutto solo non dovevo dividere i miei posti con nessuno. Ammetto di aver detto una preghierina poiché mi sarebbe piaciuto restare con loro, li sentivo discutere bonariamente sulla mia presunta adozione, avevo capito che forse sarei stato un peso e probabilmente mi avrebbero restituito al dottore. Sorpresa! Vengono a casa con libretto e mi fanno vedere che mi hanno adottato.

A questo punto tanta era la mia felicità che cominciai a tirar fuori tutto il mio carattere e a puntualizzare alcune cose. La prima era che volevo stare in giardino più tempo possibile, secondo il mio territorio andava al di là del giardino, comprendeva una scuola nido che vigilavo per parecchie ore della mia giornata, terzo volevo uscire anche la notte, la città la sentivo mia. Il principio fu duro, dover conquistare con lotte estreme tutto il mio territorio che comprendeva anche un ampio giardino di fronte al nostro,tornavo a casa spesso segnato e sanguinolento il mio motto era “Botte è bello”. La mamma ed il papà allora si prendevano subito cura di me con disinfettanti appropriati e spesso con previa telefonata ad un nuovo dottore (il mio primo dottore si era trasferito fuori città). Entra così nella mia vita un nuovo medico, il Dott.Alessandro Ceci,veterinario al macello di Roma e quindi specializzato in grossi animali; ascoltavo così spesso i racconti che il dottore faceva al papà riguardante il circo con grossi felini che andava a curare. I miei genitori, come ho già detto, possiedono una bella casa in campagna con tanta terra ed anche lì ho dovuto puntualizzare con i miei vicini chi era il più forte, tranne una volta che invece di un felino fu un ratto a prendersi gioco di me e forse fu lì la prima volta che capii l’amore che i miei genitori avevano per me.

Ricordo di un giorno che eravamo nella casa di campagna e tornai ferito da un morso di topo campagnolo, loro non sapevano cosa mi fosse accaduto comprendevano solo che camminavo lentamente e a tre zampe. La loro preoccupazione fu esagerata, la mamma tra le lacrime mi accarezzava e mi dava varie leccornie, rassicurando il papà diceva che se mangiavo non ero poi così grave. Le avrei voluto gettare le zampe al collo e rassicurarla che era solo un morso di topo campagnolo; il papà la rassicurava dicendo che non poteva essere stata una vipera altrimenti sarei passato a miglior vita in poco meno di tre ore ed era già passata una notte; questa è stata l’attesa del veterinario che è durata circa ventiquattrore; terminò con il suo arrivo tutta la preoccupazione, mi fece una puntura di non so cosa e poi mi diede un antidolorifico. Passate poche ore alle tre del mattino miagolai di nuovo per uscire camminando quasi bene. Credo di essere un gatto molto fortunato i miei mi ricoprono di affetto, di attenzioni, vengo non solo chiamato con il mio vero nome “Marcellino” ma anche con una moltitudine di soprannomi e vezzeggiativi curiosi e piacevoli, quando viaggiamo in macchina siamo tutti e tre seduti davanti e il mio papà mi chiama “Passerotto”. Forse non rimpiangerò più il mare, con il suo odore particolare, forse le persone e gli animali si meritano a vicenda, i miei genitori mi adorano ed io senza forse, sono sicuro di volere loro un mondo di bene. Una delle tante cose belle che ho ricevuto in questa famiglia è che mi hanno accettato tutti gli amici dei .miei, per una signora in particolare sono suo nipote e quando parte per alcuni viaggi, zia Nina porta sempre un regalo per me. Una volta anche la loro insegnante di pianoforte, allergica al mio pelo mi ha portato un dono dall’estero, mi sono sentito un po’cattivo quando mi sono ricordato di tutti i dispetti che le facevo quando svolgevano la lezione.

Adesso ho anche dei nonni veri e dei cugini, insomma una vera famiglia con amici che quando chiamano i miei chiedono sempre informazioni sia sulla mia salute che sulle mie marachelle che combino quasi quotidianamente. Sono sicuro che se elencherò alcuni dei nomi degli amici dei miei sul leggere questa mia storia farò loro molto felici.  Una delle prime persone che devo ringraziare è la dottoressa Roberta Lacava, lei ha spronato i miei a prendersi cura di me, in quanto reduci dal lutto della gatta precedente avevano detto di non volere altri gatti,un bacio quindi a lei ed a suo figlio Cirillo un gatto bellissimo con qualche chilo più di me per il resto siamo uguali. Un bacio affettuoso al mio primo medico benefattore dottor Fabrizio Federici, senza di lui non avrei mai trovato questa casa. Agli amici Vera ed Araldo con la nipotina Lavinia, i quali mi mandano sempre saluti cari e la nipote mi ha riportato come modello importante in alcuni disegni. Il dottor Alessandro Ceci che continua a curarmi e a vaccinarmi ogni anno con amore, a lui e a sua moglie Maria, con i figli Federica e Giuseppe li abbraccio con affetto. Il professore Benedetti medico nucleare e sua moglie che quando non sono stato bene mi sono stati vicino con consigli utili. Ai miei nonni Maria e Gino con mia zia Stefania ed i figli Valentina e Lorenzo, a mio zio Vittorio e Vittoria con la loro figlia Valeria che quando parlano al telefono c’è sempre un saluto affettuoso per me. Insomma qui l’elenco è proprio perché ho ancora molti nomi da scrivere, chissà forse se continuo il mio racconto la prossima volta aggiungerò altri nomi, credetemi sono ancora tanti. Chiedo solo una cosa al mio angelo custode, di intercedere per me con il suo Dio per far si che tutti gli animali domestici possano avere meno della metà dell’affetto che io ho in questa casa, ed essere sicuro di aver realizzato la felicità di tutti i miei simili. Al papà ed alla mamma con affetto infinito.

MARCELLINO DANIELA MARINI (Libero)

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