Vi spiego perchè mi sono innamorata del batuffolo Matissa.
È cominciato tutto con un lutto e capirete, non è il miglior viatico per una storia d’amore. lo piangevo per il mio cane morto da una settimana’ lei nasceva su una terrazza con vista sul Duomo in mezzo a un nugolo di gatti viziati, arroganti e ciccioni. lo cercavo il cane della mia vita e lei era solo il gatto che non avevo mai voluto. Galeotta fu Francesca, l’amica di una vita, premurosa e impicciona’ vieni a vederla che non ti costa nulla. E mentre avanzavo sulla sua terrazza milanese, intrisa di tramonti romantici e bevute sopraffini, vidi la mia prima gattina persa tra i fiori e i fili d’erba, non le fregava nulla di essere adottata, cercava solo un diversivo in un caldo pomeriggio di sole. Le mie figlie le si sono gettate addosso, lei si è lasciata blandire dalle loro manine irriverenti.
Non era pietà cristiana, le piaceva il chiasso che facevano. Piccole loro e minuscola lei, ma tutte e tre innocenti, immense e arroganti. La guardai con curiosità e supponenza, chiedendomi che ci trovassero il mondo e gli intelletti raffinati in quell’animaletto grande quanto una spanna. Poi accadde un fatto, l’imprevisto, la virgola che cambia il discorso e fa perdere il filo:l’amica adorabile e impicciona decise di svezzare la gattina quello stesso pomeriggio di primavera e la micetta -un gomitolo grigio con la macchietta salmone sulla testa che fa pandan con la zampina sinistra -non si fece trovare impreparata. Occupò la ciotola, la invase, se la prese, la tetta della mamma già accantonata tra i ricordi d’infanzia e l’odore di pastasciutta e di vitello sminuzzato che le arrivava fino al collo. Lei padrona del mondo, e tutti gli altri a guardare ed elemosinare una briciola. Questa ha le palle, mi sono detta, e l’ho portata a casa. L’abbiamo chiamata Matissa come il pittore francese solo con la “a” finale ché fa meno aristogatto e a Eva, la mia bimba più piccola, piaceva tanto. Abbiamo fatto tutto per bene: l’abbiamo adagiata su una grossa cesta di paglia, ci abbiamo infilato il golfino della nonna e un morbido cuscino, poi abbiamo comprato i tiragraffi e ogni umana diavoleria. Ebbene Matissa, in meno di un minuto,ha preso il cestino e l’ha mandato a far si fottere poi, nell’ordine, si è presa il letto, il tappeto, il divano, il mobile della cucina e pure quello della tv. Ogni tanto punta i letti delle bambine ma è solo per svegliarle.Cercavo un cane fedele, rumoroso e accondiscendente e ho trovato una gattina spavalda, briccona e autonoma. Col mio cane c’erano voluti sei mesi per farle capire dove andava fatta la pipì. Matissa ha impiegato otto ore a decidere che la lettiera era il suo bagno. Non ho urlato, non ho sgridato, non ho stropicciato giornali come si fa coi cani per insegnare loro l’obbedienza. Non ho dovuto imprecare e pulire pavimenti a ripetizione . Sono stata a guardare lei, che si vergognava della sua unica pipì versata sul pavimento e nascondeva tutte le altre sotto montagnette di sassi e orgoglio. Non ho l’esperienza di certi magnifici gattari. Non ho ancora capito cosa Matissa ami davvero e cosa le dia fastidio. Procediamo a tentoni, io e lei, come due innamorati che respirano all’unisono tra le lenzuola, ma fuori hanno tutto da imparare uno dell’altro . Ho detto male, perché lei sa già tutto di me, e io ben poco di lei. Alcune volte ci perdiamo in baci travolgenti e molli carezze. Altre ci ignoriamo semplicemente e consapevolmente, ognuno per la sua strada finché non ricomincia il giorno. Non chiede spiegazioni, Matissa, non chiede tempo, non porta via spazio. Si prende quel che trova e dà quel che vuole. Noi la nostra vita e lei la sua. E quando pensi di aver compreso l’arcano, lei allarga gli occhi e ti ammalia, fascino puro e potenza di strega. Non dirò che le manca la parola, la parola non le serve basta lo sguardo. Non dirò che è più di un figlio, un figlio è tutto e lei una parte. Dirò però che è entrata in casa di un grande cane e si è ritagliata il suo posticino unico, nuovo, insondato . Dirò che è facile allevarla, addio quanto è facile. E dirò che la amo, anche se la conosco da così poco. Non bastasse, segnatevi questa: oggi 26 maggio 2016 mi sono convertita al gattolicesimo. Non me ne voglia il mio adorato cane e chi -molto più autorevole di me – l’ha detto per primo. È andata così e questo è il punto.
SIMONA BERTUZZI (Libero)
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