Le Cinque Giornate di Milano celebrano l’insurrezione Meneghina contro gli occupanti Austriaci. Su questo direi che non si discute. Fu una guerra contro lo straniero, visto che la richiesta di annessione al Piemonte non è che portasse questa ventata di libertà civili. Fu, prima di tutto e soprattutto, un primo sussulto nazionale, identitario e indipendentista. Indipendenza intesa come piccolo contro grande, nazione contro sovra nazione, federalismo contro centralismo. I moti sono stati il vagito di una coscienza nazionale che per cento anni, ha acceso una parte consistente della popolazione della Penisola. Che, forse, nei 70 anni successivi se ne è pentita, ma che in quelle ore, in quei giorni, si sentiva Italiana, combatteva per questo, moriva per questo, sognava questo. Bene. Questa è la storia. Ora sentiamo come commemora Sala l’evento:
170 anni fa Milano combatteva per la sua libertà, dando inizio il 18 marzo 1848 alle Cinque Giornate. Nel commemorare un anniversario così importante per la nostra città, voglio ricordare lo spirito che da sempre ci contraddistingue come milanesi: quando abbiamo poco sappiamo farci forza e di fronte alle difficoltà sappiamo essere uniti, senza arrenderci mai. Un pragmatismo che arriva fino ai giorni nostri e che ci deve dare la consapevolezza di continuare a fare meglio e ancora di più, sapendo quali sono le nostre energie e le nostre risorse, senza lasciare indietro nessuno.
Questa perla viene dal suo profilo Facebook. Stavolta non usiamo manco il filtro di Repubblica. Ecco, se non è mistificazione questa, non ho idea di cosa sia. In queste ore, 170 anni fa, ci si preparava a chiedere l’annessione al Piemonte. Una monarchia assoluta. Non si chiedeva l’indipendenza, non si stava facendo la Comune di Parigi. Si voleva essere Italiani, anche a costo della propria libertà. Quindi la prima è storicamente infondata, politicamente assurda e tendenzialmente assurda. Milano lottava per essere Italiana. Milano lottava contro l’invasore. Milano lottava per non appartenere alla Mittle Europa. Il che non dà, necessariamente, indicazioni sull’oggi, per carità, ma vorrebbe almeno evitare tragicomici equivoci sul passato. Il secondo periodo è vero: i Milanesi non dichiarano la resa. Combattono. Poi, all’improvviso, il genio. Il pragmatismo. Se c’è una cosa che le cinque giornate non furono, fu proprio quello. Furono un assalto ideale, un lancio mistico liberale che voleva la nazione, non l’impero. Cosa c’è di pragmatico nell’assaltare porta Tosa, che poi è la via attraverso la quale gli Austriaci, per ritirarsi DEVONO passare? Nulla. Ripeto, fu una bellissima, emozionante, irripetibile esperienza di rivolta ideale. Ed è questo che un grigio burocrate non capisce e non capirà mai. Sì, essere Austriaci, pragmaticamente, conveniva. L’Austria era internazionale, era multietnica, era poliglotta. Era un sogno, l’Austria. Era il cuore dell’Europa. E chi si ribellò a Milano parlava delle radici, dell’orgoglio nazionale, del Sangue e della Patria. Tutto ciò che Sala condanna ed aborre.
Oggi, Sala, dice che in nome del pragmatismo e dell’anima internazionale di Milano, la città deve accogliere lo straniero, subire l’Europa e rinunciare all’identità nazionale, se questa porta alla violenza. Ho una domanda per i nostri fedeli lettori: se doveste scommettere un euro, voi puntereste sul fatto che, nel 1848, Beppe sarebbe stato al fianco degli insorti? Io no. Magari sbaglio, eh. Ma secondo me almeno, all’inizio sarebbe stato pragmaticamente a casa, durante sarebbe stato pragmaticamente altrove ed alla fine sarebbe stato pragmaticamente con gli Austriaci, al loro rientro in città. Spiegando ai Milanesi quant’è bello accogliere lo straniero, essere nel cuore dell’Europa e quanti danni possa fare il nazionalismo idealista. E come chi ha di più debba dare a chi ha di meno. In Tedesco, magari. Così, per essere più multiculturale.
Laureato in legge col massimo dei voti, ha iniziato due anni fa la carriera di startupper, con la casa editrice digitale Leo Libri. Attualmente è Presidente di Leotech srls, che ha contribuito a fondare. Si occupa di internazionalizzazione di imprese, marketing e comunicazione,
Il Piemonte riceveva lo Statuto Albertino il 4-3-1848 quindi non era una monarchia assoluta al 18-3-1848. Le Giornate cominciano dopo lo Statuto, quindi sicuramente un anelito italiano, ma anche il desiderio di fare parte di uno stato liberale.
Pertanto c’è poco da eccepire a quello che ha asserito Sala.
Delle due l’una, o non sa cosa fosse lo Statuto Albertino oppure deve averne frainteso grandemente l’applicazione