Rigido e distante si è addolcito con le fusa e i miagolii della mia tigre in miniatura.
Il poeta francese Apollinaire riteneva che il gatto fosse parte fondamentale nella vita di un uomo. Infatti scrisse che non si poteva vivere senza tre cose: una donna saggia, gli amici di tutte le ore e un gatto che gironzolasse tra i libri. Sicuramente condivido, anche se penso che il gatto non soddisfi solo una visione estetica e colta della vita ma che abbia una utilità concreta nelle vicende del suo padrone anche se inconsapevole. lo stesso ne sono testimone. Molti anni fa finalmente giunsi nella grande direzione centrale della mia azienda. Un ambiente difficile. Eravamo tutti stipati in una grande stanza in open space. Tante scrivanie e tante persone desiderose di fare carriera. Mi resi conto che era molto difficile farsi notare e mettersi in luce. Il capo di questa direzione era una persona di vecchio stampo scortese mai, ma burbero e di pochissime parole. Inutile dire che incuteva un certo timore soprattutto con gli ultimi arrivati. Mandavamo le pratiche per la firma ed egli se aveva qualcosa da eccepire incollava un
biglietto sul fascicolo con una semplicissima dicitura “p.p.” Prego parlarmi. E devo ammettere che questo “parlarmi” era molto impegnativo.
Un giorno capitò anche a me di ricevere il famoso bigliettino. Entrai nell’ufficio del Direttore. Ovviamente stavo in piedi e mentre ascoltavo notai che sulla scrivania c’era il solito portafotografie,ma invece di riferirsi alla moglie e ai figli, faceva bella mostra una foto di un gattone. Immediatamente feci presente che anch’io avevo un gatto. La risposta fu: «Il mio si chiama Socrate, fammi conoscere il tuo, portami una foto». Appena uscito pensai che il Direttore avesse semplicemente detto una boutade di quelle che non trovano alcun seguito. Qualche giorno dopo ricevetti un altro foglietto con la famosa dicitura “p.p.”. Pensai che si trattasse di una questione di lavoro invece fui rimproverato per non aver portato la foto del mio gatto. Il mio capo era un amante dei gatti. Come me e più di me e considerava una qualità anche l’essere amico dei gatti. Il giorno dopo andai in ufficio con una foto del gatto. Mai conversazione fu più simpatica e surreale. Il mio capo aveva un gatto, io invece ritenevo di avere il gatto, in quanto il persiano rappresentava l’idea della felinità elegante e casalinga. Una sorta di antagonismo tra patrizi e plebei. La conclusione fu che il Direttore desiderava conoscere il mio gatto. Anche in questo caso considerai detta dichiarazione come una boutade. Passò qualche settimana e fortunatamente (si capirà perché dico fortunatamente) mi presi una broncopolmonite e mi misi in mutua. Felicemente assistito dal mio gatto. Durante la convalescenza squillò il telefono. Rispose mia moglie e sentivo che con un certo tono diceva: «Ma venga pure, sicuramente glielo facciamo conoscere. Capisco che non viene per mio marito comunque glielo passo». Passandomi la cornetta del telefono mia moglie mi diceva: «Non è uno scherzo è il Direttore». Le prime parole che sentii furono:«Ciao non ti montare la testa, ma vengo a conoscere il tuo gatto visto che non me lo hai mai portato». Stava succedendo l’impossibile. Un uomo, un banchiere refrattario ad ogni raccomandazione veniva a casa mia a conoscere il mio gatto che, penso non mancò di proferire qualche miagolio a mio favore. E gliene ne sono grato. Certi miracoli riescono a farli solo i nostri splendidi animali.
ALBERTO PEMPINELLI (Libero)
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