Milano 8 Aprile – Per la prima volta Milano dedica al talento eclettico e interdisciplinare di Giosetta Fioroni (Roma, 24 dicembre 1932) una mostra antologica, con oltre 160 opere capaci di raccontare la complessità tematica e linguistica del suo intero percorso artistico, aperta al pubblico fino al 26 agosto.
Figura di riferimento della cosiddetta Scuola di Piazza del Popolo a Roma insieme a Franco Angeli, Mario Schifano, Tano Festa e gli artisti che hanno animato la galleria La Tartaruga di Plinio de Martiis, Giosetta Fioroni rappresenta un’eccezione nel panorama italiano dell’arte e anche per questo è diventata una protagonista della scena artistica internazionale. Fuori dal coro e dalle mode, lucida ed esplosiva, l’artista ha sviluppato in sessanta anni di attività un linguaggio visivo forte ed eloquente fatto di simboli, segni ed emozioni: muovendosi a suo agio tra pittura, disegno, performance, video, teatro, ceramica e moda, ha sempre intrecciato il suo lavoro alla sua vita in modo audace e romantico. Da qui il titolo della mostra “Giosetta Fioroni. Viaggio Sentimentale”, che prende spunto dalla canzone “Sentimental Journey” portata al successo da Doris Day nel 1944 e che mette in evidenza il lungo incedere creativo dell’artista e la sua volontà di raccontare tutto quello che offre una “vita sentimentale”.
Il percorso espositivo, al piano terra del Palazzo dell’Arengario, si snoda nelle sale (circa 700 mq) che affacciano su piazzetta Reale, allestite in senso cronologico per offrire una panoramica completa dell’attività pittorica dell’artista, grazie al progetto di allestimento di Massimo Curzi che ha lavorato immaginando di condurre il visitatore dentro lo studio dell’artista. Per la prima volta, le sale saranno collegate dall’interno del Museo.
LE SEZIONI
Formazione, 1957-1960 – Le opere degli anni Cinquanta, di stampo astratto-informale, si succedono a quelle più intime legate all’esperienza parigina, dove la materia inizia a sintetizzarsi e compaiono i primi elementi domestici, il cuore, la lampadina, l’orologio, intesi come via di uscita da un’art autre che risultava poco legata all’osservazione dei sentimenti, tema portante di tutta l’opera della Fioroni.
Diapositive di sentimenti, 1961-1970 – La sezione prende spunto dalla definizione che lo scrittore Goffredo Parise trovò per le sue opere in un articolo pubblicato nel 1965 sul Corriere di informazione: qui sono esposti i celebri Argenti degli anni Sessanta, quando l’artista diventa figura centrale della pop italiana ed europea, e le opere successive che vedono nel colore una nuova forza di scrittura. Sono gli anni in cui il rapporto con la storia dell’arte si apre alla rivisitazione di alcune immagini iconografiche, rilette attraverso il nuovo metodo di indagine artistica della Fioroni: così Botticelli o Carpaccio, ma anche le modelle dei rotocalchi diventano protagonisti di una pittura sospesa fra fotogramma, velocità futurista e stasi metafisica.
La vita come laguna di luce, 1970 – La suggestiva sezione raccoglie il corpus dei Paesaggi di Luce che hanno per sfondo Venezia. Qui il colore argento diventa sintesi e linea, colpo di luce che racconta lo spazio. Si presentano dopo oltre quarant’anni anche alcuni esempi dei Paesaggi di luce, esposti per la prima volta alla galleria La Tartaruga e poi alla celebre mostra Vitalità del negativo nel 1970, che sono proiezioni luminose su tela della silhouette veneziana.
Piccoli cimiteri del meraviglioso, 1971-1980 – La sala raccoglie gli esiti del lungo periodo di vita con Goffredo Parise a Salgareda, nella campagna veneta. Il paesaggio d’argento si perde e vengono indagate le manifestazioni del vivere quotidiano. La fiaba, gli elfi, le persone e i loro oggetti sono racchiusi in una serie di piccoli quadri rappresentativi della necessità di tornare alle piccole magie domestiche: i quadri divengono pretesto per raccontare il paesaggio, la casa condivisa con il compagno scrittore, gli ambienti delicati della campagna. Sono esposti anche i quadri dedicati al tema della fiaba, come indagine che parte dalle osservazioni sulla tradizione del russo Vladimir Propp.
I mostri – La sala presenta, per la prima volta nella sua interezza, l’Atlante di medicina legale del 1975 che il grande critico Giuliano Briganti descrisse cosi: «Giosetta incontra i mostri del suo terrore, la configurazione in immagini orrende e disperate di un’angoscia fino allora latente; quell’angoscia censurata dal momento tutto mentale degli “argenti”, quando Giosetta la racchiuse in una gelida prigione senza speranza di eluderla, e che si stemperò in lievi vertigini sentimentali nel doloroso ma sorridente inseguimento dei piccoli e irrecuperabili beni personali, quando la coscienza si identificava col mondo fantastico degli elfi e dei coboldi nel sicuro rifugio del mito infantile […]». Questo schedario d’incidenti mortali per pratiche di autoerotismo, feticismo e omicidio, è l’altra faccia della medaglia che ha animato le favole e i teatrini. Sono le cartelle degli orchi, degli sprovveduti, dei pazzi, o di altro impulso, che sul palcoscenico della normalità non trovano riscontro se non in un casellario di malattie.
Colore e materia, 1980-1990 – I quadri che nascono fra gli anni Ottanta e Novanta rispondono all’esigenza di riappropriarsi della piena libertà linguistica, in linea con la nuova stagione artistica internazionale che, dopo gli anni Settanta dominati dal poverismo e dal concettuale, trovano nuovo interesse per la pittura. Si tratta di opere che recuperano la materia e con il colore formano un percorso di indagine sulla pittura.
Movimenti remoti – I movimenti remoti sono una sorta di memorandum «dei ricordi recenti e più antiche sensazioni, vari momenti e accadimenti dell’odierna vita reale. In comune la possibilità di “vagare” tra i vari sentimenti in modo semplice e allusivo, con arbitrari accostamenti di immagini e di stili», come ebbe a spiegare l’artista. Si tratta di sedici grandi disegni che prendono spunto da un testo di Goffredo Parise scritto nel 1948, quando aveva da poco compiuto diciott’anni e viveva in una condizione di totale isolamento: il manoscritto de “I movimenti remoti” era stato dato per perso anche dallo stesso autore che ne aveva un ricordo impreciso. Pubblicato da Fandango Libri nel 2007 racconta la storia di un giovane di 27 anni che muore per un incidente con la sua automobile e riprende coscienza dopo essere stato seppellito; scopre così di disporre della straordinaria capacità di rivedere tutta la sua vita, mentre si prepara a intraprendere il cammino verso il nulla. In questa sala sono allestite anche le lettere che l’artista ha inviato ai suoi amici artisti: una sorta di dipinto-scrittura.
Trasformazioni e rami d’oro – L’ultima sala espone tre grandi tele che raccontano il mondo della magia e della trasformazione, temi cari alla Fioroni. War (2009), Marilyn Manson (2009), e il Ramo d’oro (2014) chiudono la mostra riprendendo i temi fondanti di tutta l’opera della pittrice romana, ovvero il sentimento e la memoria come motori del suo operare artistico.
Vedere-vedersi ed essere visto 1968-2012 – La manica lunga al piano terra del Palazzo dell’Arengario, accoglie un suggestivo ritratto dell’artista connesso con il tema teatrale del “vedere-vedersi ed essere visto”, sviluppato grazie all’esposizione di oggetti, foto e documenti: dalla Spia ottica del 1968 (ricostruita attraverso i documenti dell’epoca) fino alla serie fotografica di Senex e Altra ego, dove Giosetta Fioroni – in collaborazione col fotografo Marco Delogu – da osservatrice diviene protagonista, mettendosi al centro della scena con una meditazione sul sé e sul rapporto col tempo. In questa sezione sono rappresentati anche i Teatrini, realizzati a partire dal 1969 e alcuni abiti in ceramica che raccontano del sodalizio trentennale fra la Fioroni e la Bottega ceramica Gatti di Faenza. Attraverso materiali provenienti dall’archivio Fioroni-Parise – tra cui locandine, cataloghi, libri d’artista e fotografie – si approfondisce inoltre il contesto intellettuale in cui Giosetta lavorò, collaborando con figure di spicco tra cui Goffredo Parise, Guido Ceronetti, Andrea Zanzotto, Eugenio Montale, Giuliano Briganti, Elisabetta Rasy e Sandro Penna.
Catalogo Electa con testi dei curatori e un ampio apparato fotografico.
Orari: lunedì 14.30_19.30 – martedì, mercoledì, venerdì e domenica 9.30_19.30 – giovedì e sabato 9.30-22.30
Ingresso: Intero 10 euro – ridotto 8 euro
L’ingresso alla mostra comprende anche la visita al museo
Informazioni: 02 884 440 61
c.museo900@comune.milano.it – museodelnovecento.org
Laurea Magistrale in Lettere Moderne. Master in Relazioni Pubbliche.
Diploma ISMEO (lingua e cultura araba). Giornalista. Responsabile rapporti Media relations e con Enti ed Istituzioni presso Vox Idee (agenzia comunicazione integrata) Milano.