La rivolta di Città Studi: “Buttati 600mila euro. No al barcone dei profughi”

Milano

Comitati e centrodestra contestano il progetto del Museo dei Diritti: «Soldi buttati»

Milano 20 Aprile –  In un quartiere come Città Studi, dove il tessuto economico e sociale rischia di risentire seriamente del trasferimento delle facoltà scientifiche ad Arexpo, la sinistra sta caldeggiando la realizzazione di un Museo dei Diritti negli spazi dell’ex Facoltà di Veterinaria, dove troverà collocamento il (tristemente) celebre «Barcone dei migranti», il cui naufragio al largo della Libia nel 2015 portò alla tragica morte di 700 persone. Il barcone venne recuperato e trasportato ad Augusta (Siracusa), nella base della Marina militare, dove è arrivato nel giugno 2016.

Ora, senza nulla togliere alla portata drammatica di una tale vicenda, qual è il nesso tra l’imbarcazione e la città di Milano? A chiederselo sono i tanti residenti intervenuti ieri alla seduta del consiglio del Municipio 3, dove la dottoressa Cristina Cattaneo, docente di Medicina Legale del Dipartimento di Scienze Biomediche dell’Università degli Studi di Milano, ha presentato il progetto. Inutile specificare che l’intenzione di portare il barcone nella città di Ambrogio – solo per il trasporto il governo ha impiegato 600mila euro – ha suscitato una marea di proteste da parte dei residenti. «Perché», si chiede una signora tra il pubblico, «dobbiamo strappare alla popolazione di Augusta un barcone che qui sarebbe decontestualizzato, in quanto lontano da quel mare che ne ha visto la tragedia?». «La popolazione», prosegue un secondo cittadino, microfono alla mano, «non sa che farsene di questo dolcetto. Dato che i cittadini di Città Studi e quelli di Augusta rigettano con forza questo progetto, perché i politici che noi abbiamo votato tentano di imporcelo a ogni costo?». Cattaneo ha quindi proseguito spiegando che il barcone, per decisione del governo, diventerebbe un’installazione volta a illustrare un periodo storico e a celebrare la «scienza messa al servizio dei diritti umani». Una spiegazione, quella della dottoressa, che lascia quanto meno perplessi. Del resto la stessa logica seguita dal governo è altrettanto incomprensibile.

La struttura sarebbe attraversata da un tunnel di vetro di 20 metri dotato di touch screen, per raccontare la storia del naufragio. La pancia del barcone sarebbe un luogo silenzioso, adatto alla riflessione. Il tunnel d’uscita (10 meni) racconterebbe i procedimenti scientifici messi al servizio della causa umanitaria. Eppure, le perplessità dei residenti restano. «Questi 600mila euro», puntualizza una cittadina, «sono una bazzecola in confronto al costo totale, e vengono prelevati dalle cacce statali (quindi dalle tasse che paghiamo, ndr), alla voce “interventi urgenti e indifferibili”. Ora, dove sarebbe l’urgenza e l’indifferibilità in questa operazione? Noi stiamo chiedendo altro alla politica: se il progetto ha una così alta valenza scientifica, perché il Barcone non lo portate a Expo?».

Fortemente critico Gianluca Boari, della Lega: «Questo non è certo quello che ci si aspetta in materia di rilancio del quartiere, in previsione del trasferimento della Statale ad Expo. E importante far sentire la voce dei cittadini, contrari allo sperpero di denaro pubblico per la costruzione di questo monumento all’ideologia immigrazionista della sinistra”. Sulla stessa lunghezza d’onda Marco Cagnolati di Forza Italia: «E inaccettabile che questo progetto sia stato calato dall’alto dalla sinistra, senza alcuna discussione né condivisione con i consiglieri di centrodestra. Non ci hanno neppure concesso di visionare le slide che hanno proiettato stasera (iteri, ndr). Se questo è il livello, temo per il futuro di Città Studi».

Andrea E. Cappelli (Libero)

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