Da Baggio a via Bonfadini le casette modello sfasciate e immerse nel degrado
Milano 26 Aprile – Soldi buttati. Gettati al vento in nome di un’integrazione mai raggiunta. Milioni su milioni stanziati dalla sinistra milanese per finanziare villaggi rom all’avanguardia e centri di emergenza sociale destinati ai nomadi sgomberati da campi abusivi o edifici dismessi. Il risultato, però, è che sia dentro che appena fuori dagli insediamenti si respira aria di degrado e illegalità.
Era l’agosto del 2013, quando la giunta arancione guidata da Giuliano Pisapia inaugurò il Ces di via Lombroso: 167 posti distribuiti in una trentina di container dalle parti dell’Ortomercato, su un’area di proprietà della Sogemi. Costi? Quasi 600mila euro per l’acquisto delle casette e 460mila euro per la gestione annua del campo. Numeri da capogiro, a cui va aggiunto il milione e mezzo impiegato per i progetti di accompagnamento decisi dal Comune. Il Ces è rimasto in piedi fino al 30 settembre del 2016: quasi un anno in più rispetto alla scadenza prevista per fine 2015. Ora, dopo un lungo lavoro di bonifica dell’area dai rifiuti e dai rottami abbandonati dai nomadi, sugli stessi terreni sorge l’Oasi dei clochard gestita dai City Angels.
Mentre i rom romeni, sfrattati da via Lombroso, si sono trasferiti in gran parte nel vicino Ces di via Sacile. Proprio qui, da metà 2015, esiste un altro centro di emergenza sociale. A pieno regime può ospitare fino a 180 persone ed è costato la bellezza di un milione di euro. E dire che oltre ai residenti, già stretti tra il degrado del mercatino di viale Puglie e la delinquenza del campo rom di via Bonfadini, pure gli storici nomadi abruzzesi si erano opposti a un nuovo insediamento vicino al loro. Ma Palazzo Marino è andato dritto per la sua strada e i risultati sono sotto gli occhi di tutti. Decine di carcasse di auto bruciate e sventrate all’esterno della struttura, rifiuti gettati sui binari della ferrovia, musica alta a tutte le ore del giorno e degrado ovunque. «Un disastro. Le immagini valgono più di mille parole. E’ evidente che a Milano, coi rom, le cose non funzionano. Perché ai campi regolari dobbiamo aggiungere le carovane di roulotte che si sistemano a poca distanza. Abbiamo proposto il daspo urbano, ma è rimasto lettera morta. Dei numeri degli sgomberi ce ne facciamo poco se il problema continua a persistere», spiega il leghista Paolo Bassi, presidente del Municipio 4. Dal 2012 al 2016, inoltre, in via Barzaghi, vicino al Musocco, ha funzionato un altro Ces da 100 posti. Per un costo di gestione annua di poco superiore ai 300mila euro.
E come dimenticare il villaggio rom di via Martirano (foto di apertura) creato nel 2014 e spacciato dalla sinistra come modello a livello europeo? Un investimento totale da oltre 600mila euro – incassati attraverso fondi del Viminale – in questa estrema periferia ovest della città per dare una vera casa agli slavi accampati abusivamente nel verde del Parco Agricolo Sud Milano. Ora la cittadella nomade cade a pezzi: appartamenti con le pareti sfondati, strutture distrutte e discariche a cielo aperto all’esterno dei cancelli. E menomale che nelle intenzioni della giunta Pisapia questo era una tipologia abitativa da esportare negli altri campi regolari della città. Ma non è tutto, perché nel piano triennale delle opere il Comune ha stanziato 270mila euro per ripulire la sporcizia dell’ex campo e la posa di un container da destinare ai mediatori del villaggio. Protesta Marco Bestetti (Fi), presidente del Municipio 7: «A fronte della spesa, è stato un assoluto fallimento. I cittadini vengono multati se buttano carta a terra, mentre i nomadi sono liberi di sporcare. I rom vanno trattati come tutti gli italiani, né più né meno. Hanno bisogno di case? Si mettano nelle graduatorie come fanno tutti».
Massimo Sanvito (Libero)
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