Milano 7 maggio – Flop dei Centri per l’impiego in Italia. Dovevano essere riorganizzati e potenziati come scritto nell’utima riforma del lavoro ma è rimasto tutto sulla carta. Infatti nonostante una spesa di 600 milioni di euro l’anno, distribuita tra i 556 Cpi sparsi sul territorio, solo il 3% dei disoccupati che si rivolge agli uffici di collocamento riesce a trovare un impiego. Una media irrisoria rispetto ai numeri di Francia e Germania che superano il 20%. Secondo l’Istat, all’anno, almeno 2 milioni e mezzo di persone vi si rivolgono.
Come scrive il Messaggero una produttività davvero bassa se si pensa che gli operatori sono 8mila e riescono a collocare solo 4 occupati l’anno. I Cpi sono passati a essere controllati dalle Province alle Regioni, e ora nel limbo del Jobs act.
In realtà i Centri per l’impiego dovrebbero lavorare per far incrociare domanda e offerta, come fissato nella riforma del lavoro renziana, ma mancano i decreti attuativi e una regia organica. “Tutto è rimasto frammentato dopo la riforma – ha affermato al quotidiano romano Maurizio Del Conte, presidente Anpal – e le percentuali di collocamento oscillano tra il 2,2 e il 3,2%, una media decisamente bassa che riguarda Nord, Centro e Sud in maniera omogenea”.
Quello che manca in Italia, denunciano i sindacati, “è una gestione integrata dei Centri per l’impiego, con l’adozione di modelli standard che offrano sul territorio servizi uguali per tutti”. Bisognerebbe, “provincia per provincia, numerare i disoccupati, catalogarli per qualifica, dare formazione a chi non ha titoli, mantenere viva una rete di comunicazione con le aziende”.
In alcuni casi i centri si trovano in strutture fatiscenti mentre in altri tra gli 8mila dipendenti c’è anche chi non è qualificato nonostante abbia un contratto a tempo indeterminato. Ma non bisogna fare di tutta lerba un fascio. Ci sono Regioni in cui i centri sono funzionanti come in Veneto e in Emilia Romgna. Il Lazio invece è tra le Regioni che vanno più lentamente.
Secondo il presidente della Federcontribuenti Marco Pagnella “sarebbe necessario creare un fondo nazionale di 800 milioni per il sostegno occupazionale. I Cpi potrebbero invece essere dislocati all’interno degli uffici comunali, con un risparmio notevole per lo Stato”.(Tg.com)
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