Milano 20 Maggio – C’è un blog autorefenzialmente definito RivistaStudio, edita da Studio di due barbudos che spiegano i valori dell’editoria e dello studio, in una parola: ambizione; buoni voti a prescindere dalla lettura se la copertina è patinata. I writer, tanto per essere tutti uguali, sono tutti parademocratici con quell’idea della democrazia sine plebe elettorale, che ormai va per la maggiore davanti al forse futuro prossimo governo che non raccatta un consenso tra i giornalisti neppure a pagarlo tranne gli ex de La 7 e di Sky24 che purtroppo per l’ordine risultano passati all’altra sponda, di parlamentari.
L’ambizione -si tuona- manca alla classe dirigente italiana; manca ai grand commis de l’état, a intellettuali e produttori, alle élites, a tutto il Pd, ai moderati ( ma solo a quelli) di Forza Italia, ai liberali, ai socialisti, ai radicali, agli antifascisti, a quelli di +Europa infine all’establishment. Il loro torpore, il loro rintanarsi in famiglia, spaventa Christian (ma non è un cantante) Rocca (ma scrive di musica ribelle con la faccia da parrocchiano) già exFoglio, già ex Il Sole ed ora La Stampa, che denuncia la resa della classe dirigente ormai ridotta all’apatia, chiusa indifferente in famiglia. E quasi come un Riotta d’antan chiama alle armi il popolo borghese centrista perché difenda l’Europa e l’Occidente e ci salvi dall’occhiuta manovra del caos calcolato di Putin.
Non si è ancora formato un governo, nemmeno è sicuro il possibile programma di governo che già il Rocca denuncia “l’avanspettacolo” horror dei Colonnelli Di Maio e Salvini, alleati dell’illiberale Putin, amici dei cattivi del mondo (Corea del Nord di Kim Jong-un, Chavez, Le Pen, Trump) oscurantisti, giustizialisti, eversori della Costituzione repubblicana e della democrazia rappresentativa, in procinto di portare il Paese ad un’inflazione reale sovieicoweimaresca da sfilate di carriole colme di banconote stracce agli ordini di una Srl milanese. Reagisce il giornalista come lo spread dei mercati, in anticipo. D’altronde la miglior difesa è un attacco.
Ora qui si comprende l’influenza dell’ambiente della Stampa che ha tre colpe storiche; quella di essere stato il giornale collaborazionista per eccellenza in guerra, di avere fornito l’alveo iniziale alle disastrose campagne scalfariane e di essere tornato, durante la gestione da remoto dei nipoti dell’Avvocato, in combinato disposto con l’organhouse di Confindustria, foglio collaborazionista con tutti gli epigoni dell’attuale Reich europeo. Non si comprende invece una certa distorsione della realtà raccontata. Forse a Rocca appaiono i fantasmi di Facta, Sonnino, Giolitti, Nitti, Gentiloni ( non quello di oggi) forti con il voto su base censuaria; il suffragio generale elettorale appena introdotto da pochi anni li costrinse a coadiuvare un governo, comunque forte di una maggioranza parlamentare, che diede i natali al ventennio. Certo, forse, sarebbe stato meglio non darlo il voto generale.
Dal 2011, per ben sette anni, comunque con i Letta, i Renzi, i Gentiloni, gli spread, le guerre, le manifestazioni, i processi, gli scandali, le indignazioni, i cambi di casacca, i tradimenti del voto, è stato come tornare al voto censuario. Hanno governato donne e uomini che non rappresentano nemmeno il loro condominio. Segretari di partito si sono convinti della vacuità del proprio elettorato da ignorarlo. La Costituzione è stata modificata con decisioni prese da Cda bancari. Di quale democrazia rappresentativa, di quale Costituzione parla il writer parademocratico? Di quale Occidente il cui capo è proprio un cattivo, e che in larga parte si riconosce in un’altra cattivona? Particolarmente ridicola è incolpare l’ombrello del destino cinico e baro putiniano, sotto le cui colpe viene ormai declinata ogni sconfitta del pensiero politicamente corretto.
Il pezzo forte è poi la vision di classe dirigente. Qui elites e accademici, burocrati e miliardari, militari e finanzieri vengono descritti come un tutto unico, quando sono appena usciti da una guerra civile ventennale. Il libro dei morti mostra tutte le vittime dei molti elencati: tutti i partiti filoccidentali della prima repubblica, i laici, i liberali, i socialisti, i radicali ( non i ghost caricaturali che girano ora), i grand commis de l’état, gli intellettuali non Rai e dintorni, i produttori. Contro di loro si è utilizzato di tutto a cominciare dall’ antifascismo deteriore che fu già sentina del terrorismo. Si usò anche l’indignazione portata ad un parossismo da far nascere dal nulla il movimento pentastellato. Di quale mondo centrista si parla, che Forza Italia a malapena ne uscì viva? E con essa, la Lega, da decenni al governo del ricco Nord che della classe dirigente è un pezzo sostanziale?
Quanto è dura la testa della rocca tante volte, Quanta poca memoria storica. Prima di disegnare futuri torvi, si dovrebbero indicare e curare le cause dei disastri che hanno fatto perdere la forza dell’indipendenza strutturale di molti settori, con ricadute terriili sulla vita dei cittadini, conducendo gli elettori all’esasperazione. Forse per farlo si dovrà passate per modi spicci e sgarbati. Il Pappagone qui però è chi crede che il guazzabuglio ademocratico precedente al 4 marzo sia la via maestra.
Studi tra Bologna, Firenze e Mosca. Già attore negli ’80, giornalista dal 1990, blogger dal 2005. Consulente UE dal 1997. Sindacalista della comunicazione, già membro della commissione sociale Ces e del tavolo Cultura Digitale dell’Agid. Creatore della newsletter Contratt@innovazione dal 2010. Direttore di varie testate cartacee e on line politiche e sindacali. Ha scritto Former Russians (in russo), Letture Nansen di San Pietroburgo 2008, Dal telelavoro al Lavoro mobile, Uil 2011, Digital RenzAkt, Leolibri 2016, Renzaurazione 2018, Smartati, Goware 2020,Covid e angoscia, Solfanelli 2021.