Milano 25 Maggio – Milano è la città di business del Paese, dove accadono tutte le cose più importanti. La Fiera contribuisce al fatturato indotto della città e non solo. Durante la presentazione del piano strategico 2018-2022, l’amministratore delegato e direttore generale di Fiera Milano, Fabrizio Curci, ha messo in risalto il ruolo fondamentale di Milano come polo attrattivo e internazionale, un brand dal forte richiamo. E infatti il piano prevede il rafforzamento delle manifestazioni direttamente organizzate, che si tengono nella città. Ovvero Host, Tuttofood e Homi, che devono «crescere e imporsi a livello internazionale». Passa poi dalla valorizzazione dei servizi con una maggiore penetrazione degli allestimenti, lo sviluppo delle attività media per tutta la durata degli eventi e l’offerta di servizi Smart district. In agenda anche lo sviluppo del portafoglio di manifestazioni di terzi e del business congressuale, attraendo nuove fiere leader dei settori di riferimento e grandi congressi internazionali E infine, non meno importante, l’internazionalizzazione. Il focus è su Cina e Usa. Si pensa allo sviluppo di geo-cloni delle manifestazioni già esistenti, anche attraverso accordi con primari partner locali. Il piano di investimenti di Fondazione Fiera Milano sul quartiere fieristico e sul centro MiCoha in programma di destinare per il quinquennio 70 milioni di euro. I principali obiettivi economico-finanziari sono raggiungere ricavi medi annui nel periodo di 260-280 milioni di euro, in crescita sui 247 dei cinque anni precedenti (2013-2017). Le linee di crescita e la diminuzione dei costi fissi preventivata porterebbero il margine operativo lordo medio annuo a 28-32 milioni (contro i 10 del quinquennio precedente) e un utile netto annuo per tutto il periodo (indipendentemente dalla stagionalità tipica del business fieristico che ha manifestazioni con cadenza annuale, biennale e pluriennale). La generazione di cassa consente di prevedere una posizione finanziaria netta a fine 2022 positiva per 70-90 milioni. A fine 2017 si è invece registrato un debito finanziario netto di 0,8 milioni.
Caterina Magoni (Avvenire)
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