Terrorizzati da un governo su cui (finalmente) non possono interferire ci danno dei “pezzenti e scrocconi”. Pensino ai loro guai…
Milano 27 Maggio – I tedeschi (e l’Europa) hanno sbagliato film. Convinti di assistere all’eterna replica del ragionier Ugo Fantozzi, ricoverato in una clinica per dimagrire, ripetono sulle loro stampe nazionali o attraverso dichiarazioni di Tizio e Caio (magari con qualche carica europea messa a sottopancia) la frase stereotipo per eccellenza: «Italiani, sempre mangia spaghetti e suona mandolìno».
Lo fanno attraverso i loro giornali. L’ultimo, in ordine di tempo, è stato il settimanale Der Spiegel che nella edizione online punta il dito contro il nostro paese accusandolo di voler «scroccare» dai partner dell’Unione europea.«Come si dovrebbe definire il comportamento di una nazione -si legge nel pezzo -che prima chiede qualcosa per lasciarsi finanziare il suo proverbiale “dolce far niente”, e poi minaccia coloro che dovrebbero pagare se questi insistono sul regolamento dei debiti? Chiedere l’elemosina sarebbe un concetto sbagliato. I mendicanti almeno dicono grazie, quando gli si dà qualcosa». E ancora: «In effetti si procede verso il ricatto’ rispetto all’Italia la Grecia è una bazzecola». Poi, non paghi di prendersela col Governo che verrà, l’alleanza non prevista tra Lega e Movimento 5 Stelle, dopo averci rotto i cabbasisi per anni con la sacralità delle Istituzioni, se la prendono pure con Mario Draghi, il governatore della Bce, la Banca Centrale Europea, colpevole agli occhi dei crucchi di essere italiano. Il senso, secondo lo Spiegel, sarebbe questo: l’uomo che «ha fornito l’arma» che l’Italia punta contro i suoi vicini «siede a Francoforte» ed il «whatever it takes» pronunciato dal presidente della Bce nel momento più duro dell’eurocrisi, aggiungono, «è stato notato a Roma. E adesso alla Bce non resta altro che continuare la sua politica perché ogni rialzo dei tassi porterebbe lo Stato italiano all’incapacità di pagare».
C’è un disprezzo antropologico, prima ancora che un pregiudizio politico, nelle parole del giornale tedesco, come si può facilmente realizzare anche dalla copertina dell’inserto settimanale, “Woche”, del quotidiano Frankfurter Allgemeine Zeitung, quando mette in prima pagina un’Ape furgonata, con la bandiera italiana, che precipita in un burrone. Il titolo dell’inserto è «Mamma mia!». E nella scritta sotto si legge: «Perché l’Italia è la grande bambina preoccupata dell’Europa». Sullo sportello dell’Ape si riconoscono due simboli: quello della Lega e quello del Movimento 5 Stelle. E dal finestrino si vede sporgere un vaffa col braccio del guidatore.
Intendiamoci, non è certo la prima volta che europei e tedeschi ci giudicano. Ci ricordiamo tutti di un’altra copertina, tempo fa, con una pistola poggiata sopra un piatto di spaghetti, e con dietro un vetro sforacchiato di buchi e la scritta «Vacanze in Italia». Disprezzo antropologico verso gli italiani. Come nelle parole -di pochi giorni fa -del presidente della Commissione europea Jean Claude Iuncker, il lussemburghese: «Il governo italiano non è stato ancora formato. Come Commissione europea giudichiamo i governi non su quanto annunciano, ma su quanto faranno. Siamo vigili per salvaguardare per intero i diritti degli africani che sono in Italia». O come quando, parole di alcuni mesi fa, prima del voto di marzo, il presidente dell’Eurogruppo Jeroen Dijsselbloem, l’olandese, disse a proposito del sud dell’Europa (guarda caso lo disse sempre alla teutonica Faz) : «Non puoi spendere tutti soldi per alcol e donne e poi chiedere aiuto».
O come quando, quasi quindici anni fa, il 2 luglio 2003 a Strasburgo, durante la seduta del Parlamento europeo, si consumò un duro scontro tra il socialdemocratico tedesco Martin Schulz e il leader di Forza Italia e Premier italiano Silvio Berlusconì. che in quel giorno si insediava come presidente di turno del Consiglio dell’Unione europea. Schulz nel suo intervento accusò Berlusconi di conflitto di interessi e ironizzò sull’intelligenza di alcuni suoi ministri, tra cui Umberto Bossi. Berlusconi, sapido, non si fece intimorire e replicò secco: «Se questa è la forma di democrazia che intendete usare per chiudere la bocca al Presidente del Consiglio europeo, vi posso dire che dovreste venire come turisti in Italia, perché qui sembrate turisti della democrazia. Signor Schulz, so che in Italia c’è un produttore che sta montando un film sui campi di concentramento nazisti: la suggerirò per il ruolo di Kapò. Lei è perfetto!».
Cara Germania, terra del dieselgate, e cara Ue, stavolta avete sbagliato film. Se questa è l’aria in Italia non potremo che rispondervi, o Paolo Savona (un galantuomo) ministro, o morte. Mai un uomo solo ha fatto così paura all’Europa. Quanto al finale del film, scordatevi Ugo Fantozzi e riguardatevi La Grande guerra (quella che avete perso). La scena finale della pellicola di quel genio di Mario Monicelli. Quella in cui il milanese Giovanni Busacca -insieme al romano Oreste Jacovacci (interpretati da Vittorio Gassman e Alberto Sordi), due soldati imboscati per vocazione e prigionieri degli austriaci -risponde così al capitano crucco che lo irride, sperando di fargli confessare la strategia militare del nostro esercito: «Mi te di pròpìo um bèl nìènt, hai capito? Faccia de mèrda!».
Massimiliano Lenzi (Il Tempo)
Milano Post è edito dalla Società Editoriale Nuova Milano Post S.r.l.s , con sede in via Giambellino, 60-20147 Milano.
C.F/P.IVA 9296810964 R.E.A. MI – 2081845